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Consiglio Nazionale delle RicercheProgetto Finalizzato Beni CulturaliProvincia di SienaMaria Elena Corteselacqua, il grano, il ferroopifici idraulici medievali nel bacino Farma-MerseEdizioni allInsegna del GiglioFirenze 1997isbn 88-7814-111-9 Copyright 1997 - Edizioni AllInsegna del Giglio s.a.s. - Firenze, Via R. Giuliani, 152 rPresentazioneIl volume di Maria Elena Cortese sui mulini della Valle della Merse, che andiamo a pubblicare nella sede dei Quaderni del Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti dellUniversit di Siena, sezione archeologica, rientra nelle attivit previste nel quadro delle ricerche portate avanti nellambito del Progetto Finalizzato Beni Culturali del C.N.R. Larticolazione del volume, infatti, vede la seconda parte dedicata ad una banca-dati sulle strutture idrauliche della vallata, dove rivestono un ruolo estremamente significativo quelle destinate alle lavorazioni metallurgiche, mentre una prima parte affronta con rigore i problemi di storia della tecnologia e quelli storico-territoriali di questa parte del Senese. Seppure di per s significativo, il repertorio dei documenti materiali e delle aree archeologiche destinate alla produzione, dove possibile verificare le prime applicazioni della forza idraulica alla metallurgia toscana, avulso da un inquadramento storico-sociale non assumerebbe il significato e limportanza che questo riveste. Non ha senso, infatti, studiare le tecnologie delle societ preindustriali prescindendo dai contesti sociali, e soprattutto sarebbe una strategia destinata a creare equivoci ed errori interpretativi: la flessibilit delle applicazioni tecnologiche e lottimizzazione dei saperi empirici ai diversi bisogni rendevano il quadro produttivo assai ricco ed articolato. Ogni tentativo di lettura lineare o evoluzionistica dellorganizzazione produttiva non servirebbe a chiarire la complessit della realt. La ricerca e linsistenza nel tentativo di mettere in relazione le forme di organizzazione sociale con le forme di organizzazione produttiva ci che, a mio avviso, caratterizza la lucida e determinata ricostruzione della Cortese e mi auguro che costituisca non solo un contributo archeologico ad una storia sociale delle tecnologie, ma anche un possibile strumento per valorizzare una risorsa preziosa, localizzata in un territorio eccezionalmente interessante sia dal punto di vista storico ed archeologico che naturalistico, in un quadro di progettualit congiunta fra Universit, Provincia di Siena e governi locali, nello spirito e negli indirizzi presenti negli obiettivi del Progetto Finalizzato per i Beni Culturali del C.N.R. Riccardo FrancovichPrefazione Una compatibilit difficile delle diverse fonti: questo il problema energetico fondamentale di ogni civilt agraria; soprattutto quando la popolazione in aumento. La popolazione che cresce richiede nuove risorse di energia, e in particolare il cibo, che la risorsa energetica fondamentale di ogni essere animato. Ma per produrre pi cibo sono necessari quantitativi maggiori di forza meccanica. E questi, prima di unepoca assai recente, sono forniti, oltre che dagli uomini stessi, da convertitori animati quali gli schiavi o gli animali. Per nutrire schiavi o animali c bisogno, per, di pi spazio coltivato. Pi spazio coltivato pu essere ottenuto allargando le superfici agricole a spese degli alberi. Ma, cos facendo, viene intaccata unaltra risorsa fondamentale delle economie agrarie, il bosco, che col suo legname permette di far fronte al riscaldamento domestico e alla cottura dei cibi, oltre che alla costruzione di tanti attrezzi, delle case, delle navi... Si tratta proprio di un gioco di equilibrio fra i diversi convertitori di energia: gli uomini, gli animali, gli alberi. Veramente un problema di difficile soluzione! Le civilt antiche del Mediterraneo lavevano almeno in parte risolto con la schiavit. La riduzione e poi la scomparsa della schiavit non permetteva alle civilt medievali europee di percorrere la stessa strada. E allora?Alla crescita della popolazione dal X secolo in poi in tutta Europa fece fronte innanzitutto la moltiplicazione degli spazi coltivati. Laffermazione dei campi a spese degli alberi non presentava difficolt a quellepoca, considerate le tante foreste a disposizione. Per coltivare pi terra fu poi necessario uno sfruttamento della forza degli animali assai pi intensivo di quanto non fosse mai accaduto prima. Fu questa, durante i secoli intorno al Mille, la conquista pi importante, in termini quantitativi, nel campo dellenergia meccanica. Sembra che nel Mezzogiorno del continente i buoi si siano moltiplicati. Nel Nord dellEuropa aument anche il numero dei cavalli, fino ad allora poco usati nei lavori dei campi e nei trasporti. E i commerci via terra in tutto il continente, come sarebbero stati possibili senza cavalli e muli allepoca della cosiddetta rivoluzione commerciale del Medioevo? Ma su questa strada, sulla strada, cio, dello sfruttamento pi intensivo dei convertitori organici di energia, come gli animali e gli alberi, era difficile progredire a lungo. Gli ostacoli si dovettero gi avvertire nel tardo Medioevo, quando le autorit cercarono con interventi legislativi di porre freno alla distruzione dei boschi. I campi e, insieme ad essi, i cantieri cittadini per costruire case e navi e le officine metallurgiche erano i pericoli maggiori per le foreste. Occorreva trovare qualche nuova fonte di energia che non provenisse dal suolo come le altre. Fu in questa cornice che gli uomini del Medioevo fecero allora ricorso allo sfruttamento dellacqua e del vento, e cio di due risorse energetiche non organiche, non provenienti dalla terra. A ben guardare, come spesso accade, non si trattava dinvenzioni. Le imbarcazioni a vela esistevano negli antichi imperi dOriente gi forse 6000 anni prima di Cristo. C anche chi ritiene che esse fossero precedenti alla rivoluzione del neolitico. Quanto al mulino azionato dallacqua, esso era conosciuto almeno sin dal I secolo avanti Cristo. Il mulino a vento sembra poi che sia stato uninvenzione persiana. In Persia gi documentato nel VII secolo dopo Cristo. Il fatto che queste conoscenze tecniche gi esistessero nulla toglie allimportanza economica della loro utilizzazione e del loro sfruttamento su larga scala in Europa. Nei secoli che vanno dal IX al XIII le macchine a vento e ad acqua si moltiplicarono. Una sorta di rivoluzione, dunque? S e no. No di sicuro dal punto di vista quantitativo. Nonostante la loro moltiplicazione, navi, mulini ad acqua e mulini a vento mai rappresentarono pi dell1-2 per cento della dotazione complessiva di energia. S, invece, se si considera la novit che questo grappolo di innovazioni introduceva nelle forze a disposizione degli uomini. Si trattava veramente di una svolta nella struttura economica delle civilt. Si passava, per la prima volta su scala ampia, dallo sfruttamento di convertitori organici dipendenti dal suolo, allo sfruttamento di convertitori inanimati. Visto in questa prospettiva, allora, il processo che condusse allaffrancamento del consumo energetico dalla terra non inizi con la rivoluzione industriale. Cominci circa un millennio prima. La rivoluzione industriale fu solo la continuazione su una strada che era stata imboccata da secoli. La vera rivoluzione, anche in questo campo, come in tanti altri, si ebbe nel cuore del mondo feudale europeo.Data limportanza di questa svolta naturale, dunque, che abbia attirato lattenzione degli storici da tempo. Di studi, su questo tema, ne esistono gi tanti. Rimangono, tuttavia, numerosi dubbi. Vi sono, da risolvere, problemi di cronologia, problemi di diffusione geografica, problemi relativi alladattamento allambiente di ogni congegno e alle sue varianti. E qui cominciano le difficolt! Nello studio del mondo medievale, le ricerche sul tema della tecnica non sono certo fra le pi agevoli. I documenti - lo sappiamo - sembrano sempre pi avari per quegli aspetti della realt che sono sotto gli occhi di tutti e tutti i giorni. Gli elementi consueti non richiamano mai lattenzione come quelli eccezionali. Farsi lidea della struttura di un aratro, di un telaio, di un filatoio, di un mulino, di unimbarcazione... diventa veramente unimpresa faticosa. Lo storico deve far ricorso, in questi casi, oltre che al documento scritto pi tradizionale, anche allo studio iconografico, allanalisi linguistica, alla ricerca archeologica... Linvestimento di energie - proprio il caso di dirlo - considerevole a voler precisare anche pochi particolari del quadro. La sfida non , per, di poco conto: si tratta di portare un contributo ad aspetti di grande rilievo nel quadro delleconomia; dilluminare una svolta decisiva. quanto ha fatto Maria Elena Cortese con la ricerca sullo sfruttamento dellenergia idraulica nel Senese, e in particolare nel bacino del Farma-Merse. Siamo di fronte, qui, a una ricerca specifica, che introduce, per, elementi di novit e dinteresse in una problematica assai pi generale. Il percorso dellanalisi si snoda attraverso i temi della diffusione geografica del mulino in area toscana, della cronologia dei progressi, della trama dei poteri e delle propriet che ne favoriscono lavanzata. Si vedano le pagine sui monaci e lenergia idraulica. Lanalisi del caso particolare, necessaria in ogni ricerca, si lega alla consapevolezza, anche questa necessaria in ogni ricerca, di come la vicenda toscana, anzi senese, si collochi nel quadro pi generale delle tecniche e dellenergia che gli storici sono venuti precisando. Ci vale in particolare per lesame della siderurgia e delladattamento dellenergia idraulica ai procedimenti della lavorazione del ferro e soprattutto alla riduzione. Qui il caso senese porta un contributo di rilievo a un tema assai dibattuto: quello della lavorazione di un materiale come il ferro, cos importante in ogni processo di sviluppo, tramite luso di una fonte denergia inorganica quale la corrente dellacqua. Il ferro e lacqua, dunque, sei-sette secoli prima del ferro e del carbone. Paolo MalanimaIntroduzioneIn questo volume confluiscono i dati scaturiti da una ricerca volta a ricostruire la rete di opifici idraulici sviluppatasi lungo le valli del Merse e del Farma nei secoli del basso Medioevo. Lindagine, che trova il suo punto centrale nello studio delle tecnologie medievali, stata portata a termine nellambito del Progetto Strategico e Finalizzato Beni Culturali del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Comitato 15. Il mio percorso, dunque, inizialmente partiva da domande di carattere puramente storico-tecnologico: quando si erano diffuse nellarea le tecnologie idrauliche? Quali erano i tipi di ruote impiegati? Come funzionavano i meccanismi necessari per utilizzare lenergia dellacqua nella lavorazione del ferro? E cos via. Tali tematiche, certamente di estremo interesse, mi portavano tuttavia a catalizzare lattenzione soprattutto sulle macchine, sulla struttura dei meccanismi, sulla loro efficienza e produttivit, facendomi talvolta perdere di vista gli uomini. Uomini che tali macchine avevano costruito, presumibilmente sulla base di precise esigenze, e che possedevano ed erano in grado di trasmettere il sapere, cio il bagaglio di conoscenze tecniche indispensabili affinch le ruote girassero, il macchinario si muovesse e tutto il meccanismo entrasse in funzione. Ed era ancora necessario tentare di capire quali persone, o meglio poteri, fossero stati in possesso della prerogativa di imbrigliare le acque correnti - che nel Medioevo non erano certo di tutti - , dei capitali e della forza-lavoro che servivano a realizzare le dighe, i canali di derivazione, gli edifici entro cui lenergia dellacqua svolgeva la sua azione. Infine: da dove venivano le materie prime; come erano trasportate nei luoghi, spesso lontani, in cui la risorsa idrica era disponibile; chi consumava o rimetteva in circolazione i prodotti usciti dagli opifici idraulici? Dunque, quanto pi mi addentravo nello studio delle fonti documentarie, tanto pi si moltiplicavano e cambiavano le domande, intrecciandosi profondamente con quelle che scaturivano dallindagine sui resti materiali, poich le une non potevano prescindere dalle altre. Per questo, andando avanti, mi sono sempre pi resa conto delle potenzialit di un metodo di ricerca che integri continuamente il lavoro archeologico, sul campo, con lo scavo entro le fonti scritte.Venendo pi in dettaglio al contenuto del testo, ho due considerazioni da fare. La prima riguarda un vuoto che si nota anche semplicemente scorrendo lindice degli argomenti: dalla trattazione infatti rimasto escluso un tipo particolare di strutture produttive idrauliche sicuramente presenti nel territorio in oggetto, cio le gualchiere; ci a causa dellassoluta sporadicit delle informazioni reperite sia nelle fonti documentarie, sia durante lindagine sul terreno. Probabilmente sarebbe possibile trovare molti dati riguardo a questi impianti produttivi nella documentazione relativa allArte della Lana di Siena, ma una ricerca entro tale fondo costituirebbe gi di per s loggetto di un intero libro. Delle gualchiere esistite nel nostro comprensorio, dunque, ci si limita a segnalare la presenza nella cartografia e nelle schede relative ai mulini, cui spesso erano associate, come ricaviamo dai pochi accenni dei documenti. Non sono state reperite informazioni anche riguardo ad altri tipi di opifici idraulici, oltre a quelli per la macinazione del grano e la lavorazione del ferro, quali ad esempio frantoi, concerie, mulini per la carta o la lavorazione di altri metalli.La seconda considerazione relativa al diverso arco cronologico che caratterizza la trattazione nelle sezioni rispettivamente dedicate ai mulini ed agli impianti siderurgici: nella prima, infatti, non si va oltre la met del XIV sec., nella seconda, invece, si arriva fino al XV, con ampie incursioni anche nel periodo successivo. Tale differenza trova la sua giustificazione in motivi questa volta soprattutto di ordine storico-tecnologico. Infatti le caratteristiche tecniche del mulino da grano, conosciuto fin da epoca classica, sembrano essersi ormai stabilizzate gi prima del Duecento: entro questo secolo trovano diffusione tutte le sue varianti, ed entro la met del successivo questa macchina raggiunge anche lapice dellespansione quantitativa. Il numero dei mulini diminuir o aumenter, in relazione alle fluttuazioni demografiche, ma il meccanismo in s non subir che variazioni minime, in una sorta di stasi che si protrarr fino allavvio dellindustrializzazione contemporanea. Gli impianti siderurgici idraulici, invece, invenzione medievale, erano macchine capaci di apportare radicali cambiamenti nel potenziale produttivo delle aree in cui si diffondevano e furono oggetto di continua ricerca e modifiche strutturali, destinate ad aumentarne lefficienza, anche durante i secoli dellEt Moderna. Riguardo ad essi, dunque, fino alla scoperta del vapore, si pu parlare di continua innovazione e non solo di diffusione capillare delle novit, come per i mulini; basti pensare, ad esempio, che soltanto grazie allimpiego dellenergia dellacqua fu possibile giungere alla fusione del minerale e quindi al metodo siderurgico indiretto.Il volume articolato in quattro parti. Si comincia con una sezione introduttiva, nella quale ho trattato gli aspetti relativi al quadro geografico dellarea in esame e le questioni riguardanti limpostazione della ricerca. Si passa poi al capitolo dedicato agli impianti molitori: una prima parte relativa al contesto tecnologico italiano ed europeo, basata sui dati ricavabili dalla letteratura esistente; segue una seconda incentrata sullanalisi dei dati disponibili riguardo alle caratteristiche tecnologiche degli impianti individuati nel nostro comprensorio, ricostruite in base ad una lettura incrociata delle fonti scritte ed archeologiche; infine una parte dedicata alla storia degli opifici in questione: loro comparsa e diffusione nel territorio, problemi riguardanti i diritti sulle acque, la propriet e la gestione degli impianti, loro rilevanza economica. Il terzo capitolo, strutturato in tre parti in modo analogo al precedente, dedicato invece agli impianti siderurgici idraulici. Segue una breve conclusione in cui si riepilogano in maniera sintetica le considerazioni fatte nelle sezioni precedenti, unitamente ad ulteriori spunti di discussione ed interpretazione. Lultima parte, di taglio analitico, comprende un catalogo dettagliato di tutti gli opifici censiti, compresi quelli scomparsi o sostituiti da fabbricati di pi recente edificazione, e delle strutture accessorie ad essi collegate.Lappoggio ed i consigli di molte persone si sono rivelati indispensabili nel portare a termine questo lavoro. Vorrei ringraziare qui il Prof. Riccardo Francovich per la stima dimostratami, per i suoi suggerimenti e per avermi sempre incoraggiato a pubblicare questa ricerca. Sono estremamente grata alla Dott.ssa Maria Ginatempo, il cui aiuto stato pi che prezioso e mi ha permesso di migliorare molto il testo nella struttura e nel contenuto. Ringrazio il Prof. Paolo Malanima, che ha pazientemente riletto la stesura finale e con il quale ho avuto modo di discutere e scambiare idee in particolare riguardo alle tematiche storico-tecnologiche; inoltre il Dott. Andrea Augenti per i suoi consigli. Un indispensabile apporto bibliografico mi stato fornito, con grande gentilezza, dal Prof. Jean Fraois Belhoste e dal Prof. Gert Magnusson. Un grazie di cuore, infine, alla mia famiglia, per linfinita pazienza e disponibilit.Fonti e bibliografiaFonti inedite *Archivio Venturi Gallerani: Tomi 1, 2, 4, 30, 31, 32, 33, 34, 39, 40, 41, 42, 43, 44, 69, 95, 101, 102.Catasto Toscano (Leopoldino) poi Italiano: Comunit di Chiusdino; Comunit di Monticiano; Comunit di Murlo; Comunit di Sovicille.Consiglio Generale: nn. 60, 197.Conventi: nn. 161, 162, 163.Diplomatico Bichi Borghesi: 1427, gennaio 6.Diplomatico Prefettura: 1317, maggio 17; 1351, aprile 21;1406, febbraio 14.Diplomatico Opera Metropolitana: 1257, agosto 6; 1257, agosto 27; 1257, settembre 20; 1259, giugno 29; 1265, marzo 17; 1271, marzo 28; 1271, marzo 30; 1271, maggio 9; 1272, marzo 23; 1272, maggio 1; 1278, marzo 14; 1282, settembre 23; 1282, ottobre 24; 1305, maggio 22; 1305, giugno 2; 1313, settembre 15; 1329, marzo 22; 1334, agosto 30; 1338, aprile 1; 1339, novembre 23; 1348, febbraio 11; 1352, giugno 2.Diplomatico Tolomei: 1275, settembre 4; 1277, novembre 8; 1338, febbraio 18.Diplomatico Universit: 1308, ottobre 4.Estimo: nn. 2, 67, 69, 74, 78, 95, 96, 97, 99, 118.Gabella: n. 1.Genio Civile: nn. 20, 50, 53.Governo Francese: nn. 234 (Ett des moulins farine an activit dans le departement, 1809); 235 (Ett de situation des haut fourneaux et forges pendant le 1811-1813).Ms. B 74 (Legato Bichi Borghesi).Mss. D. 82-86 (B. Gherardini, Visita fatta nellanno 1676 alle citt, terre e castella dello stato della citt di Siena).Ospedale: n. 71.Particolari Famiglie Senesi: buste n. 2 (Azzoni), 4 (Bandinelli), 28 (Bulgarini), 71 (Gabrielli), 166 (Saracini).Quattro Conservatori: nn. 1963-1974.Quattro Conservatori, Piante: nn. 187, 205, 238, 276.Fonti editeAgricola, 1563 - Giorgio Agricola, De Re Metallica, tradotto in lingua italiana da Michelangelo Florio, Basilea, rist. an. Torino, 1969.Antipatro di Tessalonica, Anth. Pal. - Antipatro di Tessalonica, Anthologia Palatina, a cura di F. M. Pontani, vol. III, Torino, 1980.Ausonio, Mos. - Ausonio, Mosella, a cura di A. Pastorino, Torino, 1971.Banchi, 1871a - Statuto della Gabella e dei passaggi dalle porte della citt di Siena (1301-1303), in Statuti senesi scritti in volgare nesecoli XIII e XIV, a cura di F. L. Polidori e L. Banchi, Bologna, 1871, vol. 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Si trattava in sostanza di integrare, senza privilegiare luna o laltra attivit, lindagine diretta svolta sul terreno con lo studio della produzione storiografica, della letteratura tecnica, della cartografia storica, e soprattutto delle fonti documentarie edite ed inedite. doveroso sottolineare che si dovuto talora procedere per tentativi e con alcune incertezze sul piano metodologico, sostanzialmente dovute al fatto che in Italia gli studi riguardanti gli impianti idraulici medievali si collocano per la gran parte nellarea della produzione storiografica e sono basati esclusivamente sullanalisi delle fonti documentarie. Sono invece in genere pi scarsi i contributi che forniscono spunti e suggerimenti metodologici per quanto riguarda lanalisi archeologica, stratigrafico-architettonica e topografica2.1. Presentazione del territorio: lambiente naturaleI bacini del Merse e del Farma, che rientrano nel sistema idrografico facente capo al fiume Ombrone, sono situati al centro della Toscana meridionale; in particolare la Val di Farma delimita proprio il confine attuale tra le province di Siena e Grosseto. Il territorio delle vallate suddiviso tra i comuni di Montieri, Chiusdino, Monticiano, Sovicille, Murlo, Roccastrada, Civitella Paganico.Il rilievo, in questa zona, fa parte di una grande dorsale arcuata, con convessit rivolta ad oriente, che da Iano, attraverso la Montagnola Senese ed i rilievi di Monticiano-Roccastrada, si estende fino al M. Leoni. Le alture si mantengono mediamente intorno ai 400-500 metri s.l.m. (quota massima nel M. Quoio, m 647), ma presentano una morfologia accidentata, con profonde incisioni vallive di aspetto piuttosto selvaggio. Ai margini dei rilievi sono dislocate aree pianeggianti corrispondenti a preesistenti bacini fluvio-lacustri, come ad esempio il Pian del Lago, il Pian di Feccia, il Piano di Rosia.Sotto il profilo geologico lestremit meridionale della Dorsale Medio-Toscana costituita essenzialmente da formazioni carbonatico-argillose silicee di et mesozoica e paleozoica, denominate Unit di Monticiano-Roccastrada. Nella zona di Monticiano la formazione dominante quella del Verrucano, che presenta una composizione litologica molto eterogenea, con sedimenti caratterizzati da una alternanza notevolmente irregolare e da una grande variabilit di spessore, litotipi e durezza. Lungo i principali corsi dacqua si estendono per ampi tratti vaste coltri alluvionali, sia pi recenti, in fase di evoluzione e diffuse soprattutto nei tratti inferiori dei fiumi, sia di et pi antica, terrazzate a varie altezze sopra gli alvei attuali. Tutti i fiumi e torrenti dellarea, infatti, sono attualmente in fase erosiva, per cui anche le alluvioni pi recenti appaiono reincise lungo il fiume Merse ed il torrente Farma e disposte in almeno tre ordini di terrazzi. I depositi alluvionali sopraindicati sono costituiti in prevalenza da sabbie, ciottolami e talora da elementi di grosse dimensioni con una frazione limosa molto subordinata3.La valle percorsa dal torrente Farma presenta una forma allungata, orientata est-ovest, lunga circa 28 Km e larga raramente pi di 3 Km nella parte orientale, mentre in quella occidentale ampia circa 7 Km. La valle del Merse, lunga complessivamente circa 60 Km, si presenta angusta nel suo tratto pi a monte, tra Boccheggiano e Chiusdino, circondata da rilievi piuttosto alti, ripidi ed intensamente coperti da bosco. Il fiume segue un andamento sud/ovest-nord/est fino al Masso degli Zingari e da questo punto scorre in direzione nord profondamente incassato in una gola, fino a sboccare nella vasta pianura di Orgia; inverte poi completamente il suo corso e prosegue attraversando unampia valle pianeggiante con orientamento nord-sud fino allo sbocco nellOmbrone.Il fiume Merse il pi ricco per tributo perenne di tutto il bacino idrografico dellOmbrone; nasce fra il Poggio di Croce di Prata ed il poggio di Montieri ed annovera tra i suoi maggiori affluenti di sinistra un gruppo di grosse sorgenti, dette vene di Ciciano, il fosso Gallessa, il fiume Feccia - poderoso influente nelle piene ma completamente asciutto nei mesi di magra , i torrenti Rosia e Serpenna, infine le acque calde delle sorgenti sulfuree dei Bagni del Doccio, presso il ponte di Macereto. Dalla sponda destra, invece, si versano nel Merse il torrente detto La Gonna, il fosso Ricausa, il torrente Ornate ed il canale con le acque perenni del Pantano di Orgia. Sempre sulla destra, pochi chilometri prima di confluire nellOmbrone, il Merse riceve le acque del Farma.La Val di Farma formata dal bacino di drenaggio del torrente omonimo (ca. 120 Kmq), corso dacqua montano che scorre in modo rapido per la maggior parte dei suoi 35 Km di percorso. Nasce sui monti di Sassofortino, si amplia con i piccoli torrenti Farmicciola e Farmulla, oltre a molti altri minori, ed assume un andamento meandreggiante circa 4 Km prima di confluire nel Merse, dopo essersi completato con le acque delle sorgenti termali di Petriolo e delle Caldanelle4.Il bacino idrografico Farma-Merse situato in una zona caratterizzata da una buona concentrazione delle precipitazioni: i massimi valori di tutta la Toscana meridionale, infatti, si riscontrano, oltre che nellarea del Monte Amiata, proprio sui rilievi dellalta Val di Merse5. Il Merse si distingue inoltre per il fatto di registrare portate minime assai costanti nellarco dellanno, cio con scarti limitati tra quelle relative al periodo autunno-inverno e quelle estive. Ci sicuramente da mettere in relazione con la presenza nel bacino di manifestazioni sorgentizie perenni, con portata elevata, che alimentano il deflusso anche durante i periodi pi siccitosi6. Anche il torrente Farma va raramente in secca: solo per circa 10 giorni allanno le portate giornaliere sono inferiori ai 10 litri al secondo. Il comportamento idrologico nei due bacini tale che il deflusso avviene rapidamente entro quei pochi giorni durante i quali si verificano le precipitazioni pi intense e le corrispondenti ondate di piena, mentre rimane un flusso di base di lunga durata, alimentato dallinfiltrazione profonda delle acque sotterranee7. Un dato particolarmente interessante costituito dal risultato del calcolo della risorsa idrica nei principali corsi dacqua della Toscana meridionale, proposto da Barazzuoli e Salleolini8: infatti sono stati rilevati in questo bacino idrografico i valori pi alti in assoluto di tutta larea considerata, caratteristica che lo rende evidentemente molto adatto ed affidabile per quanto riguarda lo sfruttamento dellenergia idraulica.Per concludere, rimane da fare un accenno ad una delle caratteristiche peculiari di questo comprensorio, cio lestesa copertura boschiva, che annovera vari tipi di vegetazione prossima a quella naturale, contribuendo a renderlo unarea di rilevante interesse naturalistico sia dal punto di vista vegetazionale che faunistico9. Questi estesi boschi sono laspetto che colpisce di pi locchio dellosservatore, dato che la maggior parte delle aree collinari simili di altre parti dItalia stata ampiamente messa a coltura. Un discorso a parte meritano i vasti boschi di castagno diffusi in tutto il bacino Farma-Merse, che fino agli anni 40 avevano una estensione molto maggiore di quella attuale10. Questa specie arborea, infatti, stata per secoli una delle pi importanti per leconomia della zona, basti pensare al ruolo svolto dalla farina di castagne nellalimentazione della popolazione rurale. Inoltre, fino allavvento della moderna siderurgia, il carbone di castagno era considerato il migliore per la lavorazione del ferro; cos il castagno stato diffuso artificialmente in tutti i terreni che lo consentivano, venendo a costituire fino agli anni 50 uno degli elementi fondamentali nel paesaggio vegetale della Toscana meridionale collinare e submontana.2. Stratificazione toponomastica, emergenze monumentali, siti notiLa programmazione della ricerca ha preso le mosse con il censire, facendo uso della cartografia moderna e della bibliografia disponibile, la stratificazione toponomastica presente sul territorio, le notizie storiche riguardanti opifici ancora individuabili o scomparsi, le emergenze monumentali ed i rinvenimenti noti.Sulla base della cartografia regionale in scala 1: 25.00011 si impostato un rapido studio dei toponimi: con ci non si intende, naturalmente, uno studio della stratificazione toponomastica volta a ricostruire modelli insediativi, operazione che evidentemente non avrebbe avuto alcun senso in una ricerca come questa. Ci si riferisce, invece, molto semplicemente, allindividuazione e schedatura di tutti i toponimi che richiamavano la presenza, attuale o nel passato, di impianti produttivi probabilmente idraulici; denominazioni, cio, che potevano fornire un primo orientamento nella comprensione della toponomastica contenuta nelle fonti documentarie ed anche indicare altrettante localit da controllare autopticamente durante la ricognizione sul campo. Questa operazione preliminare si rivelata in seguito molto utile, anche se, col procedere della ricerca, ci si ben resi conto della povert ed inadeguatezza del reticolo toponimico I.G.M., da cui rimangono assenti tutti i nomi attribuiti localmente a case sparse, campi, porzioni di bosco, corsi dacqua minori12, i quali spesso risultano in certa misura corrispondere alla toponomastica reperibile nelle fonti. Come stato notato, infatti, lidentificazione dei nomi di luogo contenuti nei documenti medievali presenta difficolt crescenti a mano a mano che dalle designazioni territoriali e circoscrizionali si passa a quelle insediative ed agrarie; ogni cartografia, anche la pi moderna, offre informazioni sempre selezionate ed uno degli elementi pi soggetti a selezione proprio la toponomastica locale, la miriade dei nomi di luogo con cui i residenti designano il singolo campo o segmento dello spazio agrario, talora addirittura il singolo masso o la macchia o lalbero13. I toponimi censiti sono quelli che apparivano riferibili alla presenza di una attivit molitoria (ad es. Molino, Molinello, Mulinaccio, le Gore, le Macine, Pod. Macinatoio, Fosso Rimacinaio, ecc.) oppure di una probabile attivit siderurgica (ad es. Ferriera, Ferrieraccia, Ferraia, Ferrale, Fabbrica, Defizio ecc.). Scarsissimi risultati ha prodotto il tentativo di individuare, tramite lo studio delle fotografie aeree14, siti da sottoporre a controllo autoptico in aree caratterizzate dalla presenza di toponimi promettenti. Ci dovuto principalmente al fatto che gli impianti produttivi erano dislocati nel fondovalle, spesso in anguste strisce di terreno pianeggiante, circondati dalla fitta vegetazione che si sviluppa di solito subito a ridosso dei corsi dacqua. Lesame delle foto aeree, invece, produce risultati positivi soprattutto nellindividuazione di insediamenti daltura in aree boschive, oppure di siti sepolti in aree pianeggianti e collinari coperte da vegetazione erbacea15. Si tenga inoltre presente che gli opifici idraulici erano in genere di piccole e medie dimensioni ed i ruderi, ove ne restino, sono quindi difficilmente individuabili sulle foto aeree, soprattutto a causa della qualit dei voli, che presentano caratteristiche tecniche diverse da quelle richieste per analisi di tipo archeologico. Se questa osservazione valida per ogni tipo di indagine topografica, a maggior ragione si rivelata fondata per questa ricerca in particolare, dove non si dovevano individuare siti imponenti, come ad esempio fortificazioni e castelli, ma strutture produttive di ben pi modesta entit.Per una raccolta preliminare dei dati bibliografici sono stati presi in esame alcuni repertori del XVIII e XIX secolo16, che si sono per rivelati solo marginalmente utili per la localizzazione degli opifici idraulici: le segnalazioni di strutture di questo tipo sono piuttosto esigue e, ad esempio nel caso del Repetti, limitate ad edifici particolarmente imponenti e ben conservati, come la serie dei mulini fortificati nei pressi di Brenna ed Orgia. Molto pi utile si dimostrata la consultazione della monografia dedicata allabbazia di S. Galgano dal Canestrelli, che contiene diverse informazioni, basate sullo studio delle carte raccolte nei tre Caleffi dellabbazia, riguardanti le opere idrauliche realizzate nella zona dai monaci cistercensi ed i mulini di loro propriet17.Sul fronte dei contributi pi recenti vediamo che, dagli anni 70 in poi, alcune ricerche di carattere storico hanno trattato, anche se spesso marginalmente, il tema dello sfruttamento dellenergia idraulica in questarea in epoca medievale e moderna. Mi riferisco soprattutto allarticolo di Duccio Balestracci sullapprovvigionamento e la distribuzione dei prodotti alimentari a Siena in epoca comunale18 ed allo studio di Andrea Barlucchi dedicato alle propriet fondiarie del monastero di S. Galgano. Questultimo, basato su una approfondita analisi dei Caleffi dellAbbazia e della Tavola delle Possessioni, fornisce molte informazioni su numerosi mulini posseduti dal monastero, sia sul Merse che su altri corsi dacqua lontani da questa zona19.Riguardo alle strutture idrauliche destinate alla siderurgia, si deve osservare che pochi sono i contributi dedicati a questo territorio, talvolta citato solo marginalmente in studi relativi alla siderurgia di area maremmana20; si tratta essenzialmente della pubblicazione di alcuni documenti che attestano lesistenza di ferriere idrauliche in Val di Merse nel XIV secolo, e di alcuni accenni a resti di impianti produttivi individuati nel corso di indagini topografiche21. Rimane infine da citare un contributo per la conoscenza della siderurgia di Et Moderna nel comune di Monticiano ad opera di Giovagnoli, il quale ha pubblicato integralmente la memoria scritta nel 1571 da Agnolo Venturi, imprenditore in questo settore, sul modo di far lavorare la ferriera di Ruota22. 3. Fonti documentarie233.1. Cartografia storica e fonti retrospettivePrima di arrendersi alla constatazione di un vasto naufragio della microtoponomastica agraria, nota Cammarosano, un primo passo da tentare consiste nellimpiego di fonti cartografiche intermedie tra il Medioevo ed i nostri giorni, anche di matrice privata, ma soprattutto della cartografia dei catasti sette-ottocenteschi con le relative sezioni descrittive. Infatti una ricerca condotta su queste fonti consente di ridurre lo scarto tra il numero dei toponimi menzionati nei documenti medievali ed il numero dei corrispondenti luoghi identificati o localizzati con buona approssimazione24. Se tale suggerimento valido in generale per la maglia insediativa e lorganizzazione del territorio, a maggior ragione si rivela utile per quanto riguarda lindividuazione delle strutture produttive. noto, infatti, che la cartografia antica, vale a dire le raffigurazioni cartografiche pre-scientifiche o catastali anteriori al 1860 circa, rappresenta una fonte preziosa per larcheologo, il geografo, lo storico, in quanto riesce a fissare nella loro localizzazione esatta e col rispettivo toponimo, anche determinate emergenze, come edifici e resti di edifici, corsi dacqua e canali artificiali con le relative strutture di derivazione come le gore, i bottacci e le steccaie, cave e miniere, talora con le loro discariche [...], di cui non di rado le generazioni coeve al rilevatore avevano perduto ogni memoria25.Si deciso dunque di affrontare lo studio delle fonti archivistiche compiendo una sorta di cammino a ritroso, con un percorso che partisse dai documenti pi recenti per arrivare a quelli medievali. Per prima cosa, quindi, sono stati presi in esame i fondi cartografici disponibili per questa zona. Importanti notizie si ricavano innanzitutto dallo studio delle mappe del Catasto Toscano26, fonte preziosa in quanto fornisce una sorta di fotografia estremamente precisa circa la distribuzione degli abitati, lutilizzazione del suolo, la viabilit allinizio del XIX secolo, situazione che riflette senza dubbio aspetti che risalgono anche ai secoli precedenti e che non sono al giorno doggi rintracciabili. Vi inoltre registrata una gran quantit di toponimi attualmente non pi riportati nella cartografia, e soprattutto vi posizionata con precisione lintera maglia di distribuzione dei mulini e di altre strutture produttive (ferriere, fornaci) ancora in funzione, e talvolta anche di quelle gi allepoca allo stato di rudere27. Un notevole interesse per questo genere di ricerche riveste poi la Carta Idrografica dItalia (fine XIX sec.)28, che rappresenta il primo censimento, a base cartografica, degli opifici andanti ad acqua, e fornisce unidea precisa circa la distribuzione territoriale di queste strutture, prima che la diffusione dei motori a vapore ed elettrici provocasse il rapido mutamento dellassetto economico maturato nellet pre-industriale o paleo-industriale29. La carta presenta, comunque, alcune imprecisioni relative alla localizzazione, mentre inesattezze sono state riscontrate anche nelle note tecniche riguardanti i singoli opifici nel volume di Relazioni.Alcuni esempi pi antichi di cartografia che hanno per oggetto la nostra zona sono poi reperibili nel gruppo di Piante, raccolta di pezzi sparsi, quasi esclusivamente iconografica, che lArchivio di Stato di Siena annovera allinterno del fondo dei Quattro Conservatori30. Si tratta di circa 300 pezzi che rappresentano solo una piccola parte del ragguardevole nucleo di reperti cartografici sparsi nelle oltre 3000 filze di cui consta il fondo in questione. La magistratura dei Quattro Conservatori, istituita da Cosimo I subito dopo la caduta di Siena, ebbe, tra laltro, incarichi di controllo tecnico su opere pubbliche, acque, strade e mulini; di conseguenza un buon numero dei disegni, alcuni dei quali particolarmente curati e pregevoli nella realizzazione, riguarda visuali di tratti di fiumi e torrenti, opere di derivazione delle acque, canalizzazioni ed impianti molitori, fornendo in taluni casi interessanti particolari tecnici, pur nella imprecisione topografica che talvolta li caratterizza.Tra le fonti retrospettive non strettamente cartografiche, un certo interesse rivestono le richieste di concessioni per il recupero delle scorie antiche ai fini di riciclaggio che, a partire dal periodo dellautarchia fascista e con una ripresa su vasta scala nel 1952, dopo linterruzione dovuta alla guerra, venivano inoltrate al Distretto Minerario di Grosseto31. Lesame di questa documentazione32 ha infatti permesso di individuare nei bacini idrografici Farma-Merse alcuni siti di accumulo di scorie derivanti dalla lavorazione idraulica del ferro.Pochi risultati ha prodotto lo spoglio di alcuni registri relativi alle concessioni di uso delle acque pubbliche del fondo del Genio Civile, e di quelli relativi ai mulini, gli altiforni e le ferriere del fondo del Governo Francese33. Relativamente utile si dimostrata anche la consultazione del manoscritto opera del Gherardini34, dellanno 1676, in cui lautore fornisce una descrizione generale, ordinata per localit, delle principali vicende storico-politiche, dellassetto territoriale e delle attivit economiche riguardanti lo stato senese: le notizie relative agli impianti idraulici sono infatti esigue e in genere poco significative.3.2. Fonti coeveSulla linea di confine tra fonti retrospettive e fonti coeve si situa il fondo archivistico che conserva le carte della famiglia Venturi-Gallerani. Tale materiale, preso in esame sistematicamente, si rivelato una vera e propria miniera di notizie sulle strutture produttive dislocate nei bacini del Merse e del Farma35. In questo archivio, di formazione piuttosto tarda, sono confluiti anche documenti originali e copie di documenti risalenti fino agli inizi del XIV sec. ed in particolare un nucleo di carte che attestano i possedimenti e lattivit degli Azzoni, veri e propri imprenditori nel settore siderurgico tra XIV e XV secolo. Ci avvenuto in seguito allacquisto in blocco, da parte dei Venturi, nel XVI sec., dei beni e delle terre appartenenti a questa famiglia dislocati in tutto il territorio di Monticiano. La maggior parte della documentazione riguarda, comunque, lattivit industriale e mercantile dei Venturi e dei Venturi-Gallerani e lamministrazione dei loro possedimenti. Di particolare interesse sono i tomi contenenti le compravendite di beni e le notizie sulla lavorazione del ferro nelle ferriere di Monticiano e di Ruota, oltre a notizie sparse relative a numerosi altri impianti produttivi della zona36.Qualche altro documento interessante ai fini di questa ricerca reperibile nel Diplomatico Bichi Borghesi37, nel Diplomatico Tolomei, e nel Diplomatico Prefettura38; questultimo, composto da varie pergamene che in origine dovevano essere collocate nellarchivio dei Quattro Conservatori o in quello del Governatore, contiene numerosi atti concernenti i comuni di Monticiano e Chiusdino, fra i quali alcuni riguardanti mulini di XIII-XIV secolo.Una fonte documentaria di importanza basilare per qualunque studio che riguardi lassetto del territorio senese nel Medioevo costituita dalla Tavola delle Possessioni. Agli inizi del Trecento, sotto il governo dei Nove, furono create delle commissioni incaricate di accertare la consistenza di tutti i beni immobili, dai terreni alle case, dalle capanne ai mulini, ai castelli, al fine di razionalizzare il sistema delle imposte dirette. I dati raccolti per questa sorta di catasto furono trascritti, tra il 1318 ed il 1320, in oltre 500 registri, dei quali sono sopravvissuti solo 94, definiti Tavolette preparatorie. Infatti, dopo il lavoro di identificazione dei singoli beni secondo criteri topografici, si procedette a stendere dei volumi, la vera e propria Tavola, in cui si raggrupparono sotto il nome di ogni singolo proprietario tutti i suoi possedimenti. Si stese dunque un volume per ogni comune o popolo o circoscrizione cittadina, in cui vennero registrati in ordine alfabetico i nomi di tutti i proprietari di beni immobili, compresi gli enti laici e gli enti o persone ecclesiastiche, seguiti dallelenco di tutti i loro beni. In fondo allelenco dei possessi di ogni proprietario fu fatta la somma del loro valore e per qualche decennio si tent di registrare anche i passaggi di propriet39. La Tavola, che fornisce un quadro molto dettagliato circa la situazione del popolamento e dello sfruttamento del territorio agli inizi del XIV secolo, contiene anche numerosi riferimenti a strutture produttive.Una gran quantit di notizie su molti mulini da grano ubicati lungo il corso del Farma e del Merse, dei quali si riesce spesso a seguire la storia ed i passaggi di propriet nellarco di diversi decenni, reperibile nella documentazione relativa al monastero di S. Galgano40, raccolta in tre registri (un quarto si trova nellArchivio di Stato di Firenze), chiamati Caleffi, che contengono le trascrizioni di atti datati a partire dal 1147, ma risalenti per la maggior parte al XIII secolo41. Pi precisamente i tre volumi riproducono, in copia autenticata da 17 notai senesi, quello che doveva essere larchivio del monastero, o comunque una sua parte consistente, al secondo decennio del XIV secolo. Il criterio di ordinamento delle carte nei Caleffi prevalentemente topografico, anche se con molte eccezioni. La realizzazione dellopera avvenne tra il 1319 ed il 1321, come attestano le autenticazioni notarili, ma diversi indizi, tra i quali soprattutto la mancanza di documenti per un certo numero di propriet, di cui siamo a conoscenza per altre fonti, fanno avanzare lipotesi che in origine esistesse un quarto volume. La compilazione dei Caleffi, pi o meno contemporanea alla realizzazione della Tavola delle Possessioni, fu probabilmente attuata proprio per dotarsi di uno strumento utile a certificare le propriet del monastero e facile a consultarsi in confronto allarchivio originale, che doveva essere divenuto enorme. Del resto era consuetudine piuttosto diffusa nei monasteri, fin da epoca altomedievale, quella di trascrivere le pergamene possedute in un unico codice, di solito raggruppando i documenti secondo un criterio topografico; una volta compilato tale codice, avveniva spesso che i documenti originali fossero tenuti in minor cura e andassero dispersi42. In effetti larchivio originale del monastero di S. Galgano andato completamente perduto ed anche possibile che le carte trascritte non rappresentino necessariamente la totalit della documentazione accumulata presso lente. La storia di alcune strutture molitorie dislocate sul Merse pu essere