teramani n. 109

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n. SANDRO SANTACROCE STEFANIA E SIMONE CALENDIMAGGIO E LE VIRTÙ pag. 5 pag. 8 pag. 20 109 Maggio 2015 mensile di informazione in distribuzione gratuita STEFANIA E SIMONE LA COPPIA ASIMMETRICA STEFANIA E SIMONE LA COPPIA ASIMMETRICA

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Page 1: Teramani n. 109

n.

SANDROSANTACROCE

STEFANIAE SIMONE

CALENDIMAGGIOE LE VIRTÙ

pag. 5 pag. 8 pag. 20

109Maggio 2015

mensile di informazione in distribuzione gratuita

STEFANIA E SIMONELA COPPIA ASIMMETRICASTEFANIA E SIMONELA COPPIA ASIMMETRICA

Page 2: Teramani n. 109
Page 3: Teramani n. 109

l’EditorialeSO

MMAR

IOn.

3

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6

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30

L’occultamento della notizia

Buon compleanno Roma

Allarme droga a Teramo

Stefania e Simone, la coppia asimmetrica

Il libro del mese

Festival e Fiere del libro

Note linguistiche

Vetrai, vetrai

L’oggetto del desiderio

La resa al buio

La madre di Baltimora

La via delle Abbazie

Santacroce e il Paradiso di un comunista

Musica

Dura Lex Sed Lex

Calendimaggio e le Virtù

In giro. Le meraviglie di Rosciolo

A Giulianova, la scuola di Posillipo,tra vedute ed emozioni

Cinema

Coldiretti informa

Calcio

Pallamano

Direttore Responsabile: Biagio TrimarelliRedattore Capo: Maurizio Di Biagio

Hanno collaborato: Mimmo Attanasii, Maurizio Carbone, Maria Gabriella Del Papa, Maurizio Di Biagio, Maria Gabriella Di Flaviano, Gabriele Di Francesco, Carmine Goderecci, Maria Cristina Marroni, Orbilius, Antonio Parnanzone, Leonardo Persia, Sirio Maria Pomante, Sergio Scacchia, Rossella Scandurra, Zapoj Tovariš, Massimiliano Volpone.

Gli articoli firmati sono da intendersi come libera espressione di chi scrive e non impegnano in alcun modo né la Redazione né l’Editore. Non è consentita la riproduzione, anche solo parziale, sia degli articoli che delle foto.

Impaginazione: Imago ComunicazionePeriodico Edito da “Teramani”, di Marisa Di MarcoVia Paladini, 41 - 64100 - Teramo - Tel 0861.250930per l’Associazione Culturale Project S. GabrieleOrgano Ufficiale di informazionedell’Associazione Culturale Project S. GabrieleVia Paladini, 41 - 64100 - Teramo - Tel 0861.250930Registro stampa Tribunale di Teramo n. 1/04 del 8.1.2004Stampa: Gruppo Stampa AdriaticoPer la pubblicità: Tel. 0861 250930347.4338004 - 333.8298738Teramani è distribuito in proprio

è possibile scaricare il pdf di questo e degli altri numeri dal sito webwww.teramani.info

scriveteci a [email protected]

109diZapoj TovarišL’occultamento

della notiziaQuella che produce paragone

gni tanto, ma succede molto di

rado, mi tocca rinfrescare la lingua

italiana. E questo accade quando,

dopo avere rifrequentato per lungo tempo

i miei connazionali tutti sparsi per il

mondo, tutti lontanissimi discendenti dei

figli di quella buona donna di Medea che

non seppe resistere prima alle lusinghe

e poi alla straripante virilità di Giasone (sì

proprio quello del vello d’oro), devo tor-

nare a mettere da parte quella dei nostri

lontanissimi avi e riprendere gioiosamen-

te possesso della mia lingua di adozione.

Devo tornare a riprendere confidenza con

la lingua italiana, con il significato delle

sue parole, con il tempo dei verbi e la

costruzione dei periodi e soprattutto la

sua musicalità. Musicalità che alcuni fa

godere mentre per altri è causa di sbigot-

timento, di incredulità ma soprattutto di

presa di coscienza della propria ignoran-

za, inutilità ed incapacità acclarate, tutte

cose che per sopravvivere li porta a dover

leccare il culo a quei “potentati” ai quali

sono pesantemente asserviti. E sono tanti

quelli che stazionano sotto i tavoli dai

quali ogni tanto gli appartenenti a queste

categorie lasciano cadere poche briciole

delle ricche pietanze con cui stanno goz-

zovigliando e che, pur misere, danno un

po’ di respiro e qualche attimo in più di

sopravvivenza a questi miseri. Magari ac-

compagnando le briciole a ben assestati

calci nel culo o dove meglio capita, tanto

per ricordare loro, se mai lo avessero

dimenticato, chi comanda e a chi bisogna

obbedire. Le notizie, cari scribacchini

che passate la vostra vita a cercare

sensazionalismi in ogni dove, vanno date,

soprattutto se le stesse vi creano tormen-

to, afflizione e sofferenza. Qui si vedono i

Giornalisti, quelli con la G maiuscola, dei

quali però si stanno perdendo le tracce,

soprattutto quando non si deve dare solo

e semplicemente la notizia del risultato

di un incontro di calcio o di qualsiasi altro

sport si tratti e che due giorni dopo è già

vecchia. Oppure dare notizia del tempo in

cui si è iscritti all’Ordine della Giarrettiera,

o all’Ordine Militare di Savoia o a quello

dei Cavalieri di Malta. Molto però dipende

dalla Scuola che si è frequentata ma mi

risulta che i buoni Maestri, quelli con la

M maiuscola siano ormai ridotti all’osso e

soprattutto, vista la loro scarsità numeri-

ca, siano a disposizione di pochi, sempre

a condizione che quei pochi li si voglia

frequentare per crescere. Altrimenti da

chi ancora vi legge sarete ridotti alle

piccolezze che meritate.

O

Page 4: Teramani n. 109

4n.109

Buon compleanno,Roma

proprio questa la sensazione più forte: sentirsi al centro del mondo,

perlomeno quando si è giovani, poi si comprenderà che il mondo è

molto più ampio. Ma a vent’anni rubi tutto quello che puoi e qualcu-

no lo paga anche a caro prezzo.

Mi sono innamorata in Abruzzo, ma ho amato ancora sul Pincio, a

Villa Borghese, in Via Del Pellegrino, nel Giardino degli Aranci, a Villa

Ada, dentro La Sapienza, sotto la statua della Minerva, lì tra la facoltà

di Lettere e quella di Giurisprudenza, a piazza Navona, a Traste-

vere, in Rione Monti, in via Margutta perché come canta Venditti:

“Innamorarsi ancora/ è solo questa la novità/ innamorarsi ancora/

è straordinario come questa città”. Amare a Roma è più eccitante,

come girare in vespa di notte per la Città, lassù fino al Fontanone o

allo Zodiaco.

Nel cuore del Ghetto, tra piazza Mattei, con la famosa fontana delle

Tartarughe, e Portico d’Ottavia c’è un luogo a me carissimo, la libre-

ria-museo di Giuseppe Casetti, che apre quando gli pare e se vuoi

trovarlo devi aspettare. Lì ho trovato la prima edizione italiana del

Moby Dick di Melville, tradotta da Cesare Pavese e alcuni numeri di

Lacerba, Solaria, La Voce.

Lì dentro ci sono poi molti disegni d’artista, come Giosetta Fioro-

ni, Achille Perilli, Tano Festa, Stradone; uno straordinario archivio

fotografico di Luxardo, Secchiaroli, Mario Dondero, Ugo Mulas; intere

collezioni di riviste storiche del Novecento. “Un lavoro da minatore

della memoria, quello

di Casetti, al limite

dell’ossessione cata-

logatrice, prezioso per

chi volesse –magari

prendendo esempio

dal filosofo Walter

Benjamin –indagare

il sottosuolo privato

della città, fra dolce

vita e giorno d’inaugu-

razione del Vittoriano

con le maestranze a pranzo nel ventre del cavallo, fra delitto della

procace marchesa Anna Casati Fallarino e scontri fra studenti e

celere a Valle Giulia, fra epopea del mago di Napoli e le grandi parate

di Via dell’Impero”.

Proprio ora Roma è illuminata a

festa per il suo compleanno, dal

Foro di Nerva a quello di Augusto a

al Foro di Traiano, con il lavoro del

premio Oscar Vittorio Storaro e della

figlia Francesca, celebre lighting

design.

A Roma mi sono sentita come quella

bolla di sapone a cui un certo giorno

una farfalla bianca disse: “Er celo,

er mare, l’arberi, li fiori/pare che

t’accompagnino ner volo:/e mentre

rubbi, in un momento solo,/tutte le

luci e tutti li colori,/te godi er monno

e te ne vai tranquilla/ner sole che

sbrilluccica e sfavilla” (Trilussa).

ggi Roma compie 2768 anni, che sono tanti ma non troppi, in

fondo non stiamo parlando forse della Città Eterna? Secondo

la leggenda Romolo, così come riferisce anche Varrone,

l’avrebbe fondata il 21 aprile del 753 a.C.

Di Roma si può dare una interpretazione razionale e oggettiva, che

però non scal-

derà il cuore,

o una simbo-

lica. Chi ama

profondamente

questa Città ne

apprezza tutto:

la bellezza, la

magnificen-

za, ma anche

l’oscenità e la

miseria. Qui

“i cittadini si

trasfigurano

nelle più svariate comparse davanti a una scenografia dove profonda

sacralità e sciatteria profana si abbracciano in una rappresentazione

dell’assurdo” (Carlo Verdone).

Se arrivi a Roma a diciannove anni, cresci nelle sue viscere e ne

assapori tutte le potenzialità, che ti porteranno a superare il tuo

provincialismo e ad aprirti alla vita. Spesso tra le sue vie sei solo, ma

è quello che cerchi: vuoi immergerti

nella sua atmosfera, entrare nelle

chiese, calpestare la storia nel com-

pleto anonimato, per compagna solo

la giovinezza.

“Un’anima in me, che non era

solo mia,/ una piccola anima in

quel mondo sconfinato,/ cresceva,

nutrita dall’allegria/ di chi amava,

anche se non riamato./ E tutto si

illuminava, a questo amore/ forse

ancora di ragazzo, eroicamente,/ e

però maturato dall’esperienza/ che

nasceva ai piedi della storia./ Ero al

centro del mondo…”

Così Pasolini celebrava Roma ed è

O

La nostra Storia

di

[email protected] CristinaMarroni

2.768 anni fa

Foto Walter Nanni

Page 5: Teramani n. 109

Ovviamente gli spumanti verranno proposti insieme ad un buffet

di prodotti tipici, per un aperitivo cenato che accompagni i clienti

durante la serata.

Il Caffè del Corso, vi invita inoltre a conoscere la propria enoteca,

caratterizzata da offerte uniche come:

• Champagne Krug

• Champagne Billecart-Salmon

• Champagne Bollinger

• Baron De L

• Beaune 1er Cru Les Perrieres

• Aceto Balsamico La Secchia

on l’inizio della bella stagione, lo storico Wine bar Caffè

del Corso ci ridà appuntamento attraverso eventi e

serate particolari, dove la degustazione di prodotti di alto

livello, nazionale ed internazionale, si sposano con un ambiente unico.

Tutto questo è quello che troveremo nella serata del 29 Maggio, a

partire dalle ore 19:00, dove i gestori del locale sito in Corso Cerulli

ci faranno trascorrere momenti legati alla tradizione degli spumanti

“Foss Marai”, azienda simbolo dell’eccellenza vitivinicola italiana e una

della massime espressioni della tradizione spumantistica nazionale.

La forza dell’azienda si basa in primis sullo spirito famigliare e su una

maestria artigiana unita ad una innovazione tecnologica continua, con

studi e ricerche senza sosta e una pulsione quotidiana che spinge

a un miglioramento continuo. Lo Spumante è così concepito come

un’opera d’arte e il catalogo dei prodotti rappresenta una collezione

di gioielli di qualità unica.

Foss Marai, nasce e vive a Guia, nel cuore del territorio del Prosecco

D.O.C.G. Conegliano-Valdobbiadene, un luogo unico nel panorama

nazionale e mondiale, da anni candidato per ottenere il sigillo di patri-

monio dell’umanità dall’Unesco.

La viticoltura in questo territorio ha saputo perfettamente integrarsi

e svilupparsi in accordo con le particolarità geografiche, fisiche e

climatiche del paesaggio, portando ad una sorta di coevoluzione tra

attività dell’uomo e territorio.

Gli spumanti proposti saranno:

CAFFÈ DEL CORSO · wine bar - enotecaCorso Cerulli 78, 64100 - Teramo · Tel. 0861.248478 www.ilcaffedelcorso.it - mail: [email protected]

C

Caffédel Corso

Redazionale

molto più di un bar!venerdì 29 maggio

Capo 3

Si presta da aperitivo,e da tutto pasto,

speciale per i brindisipiù esclusivi

Alcool12%

Acidità6-6,5 g.l.

Residuo zuccherino5 g.l.

Marai Dei Marai Brut

Elegante, versatile,ammiccante per ognimomento della giornata.Gusto gentile e asciutto

Alcool11%

Acidità6-6,5 g.l.

Residuo zuccherino8-9 g.l.

Page 6: Teramani n. 109

6

occhi molto lucidi, e si gratta continuamente in alcune

parti del corpo, perdendo peso e bevendo molto. In

questi casi la Polizia di Stato raccomanda ai genitori “di

parlare con il figlio e di non ammonirlo: guadagnando la

sua fiducia puoi cercare di conoscere la reale situazio-

ne. Nessuno è più prezioso dei geni-

tori per affrontare e risolvere questo

problema. Se i sospetti si dimostra-

no fondati mantieni la calma e cerca

di non lasciarti andare ad una pater-

nale. Informati presso le strutture

pubbliche per avviare un program-

ma di disintossicazione. Prova ad

ottenere il maggior numero possibi-

le di informazioni sulle persone ed

i luoghi che tuo figlio frequenta, chi

lo rifornisce”. La droga sta letteral-

mente devastando il tessuto sociale

e famigliare, le madri che vivono il

dramma invitano a non vergognarsi

e a non sommare sensi di colpa e di avere tanto tanto

coraggio, perché un figlio drogato in casa ruba, mente,

e il primo calvario si annuncia tra Sert, carcere, comu-

nità e ospedali. Le famiglie comunque sono distratte in

altre faccende affaccendate, forse per esorcizzare un

pericolo che è molto concreto nella nostra città: il Sert

ha lanciato un terribile allarme, tra i giovani e giovanis-

simi il consumo di droga a Teramo è raddoppiato nello

scorso anno. Ma anche quella cellula che è la famiglia

appare frammentata, sfaldata, con coniugi separati,

disoccupati, alle prese con una miriade di problemati-

che, e le contromisure in questi casi sono flebili o nulle.

Le istituzioni sono impotenti davanti al fenomeno e

gli spacciatori hanno gioco facile. I bagni delle scuole

insegnano i primi approcci alla droga, poi ci pensano

le strade della città, sempre più degradate, con piazze

e vicoli abbandonati e lasciati in mano a gente senza

scrupoli e agli stessi ragazzi che per acquistare la dose

sono costretti a spacciare e a prostituirsi. Un inferno

quindi! L’allarme droga tra i minorenni a Teramo è stato

ome accorgersi di una persona che comincia a

fare uso di droga? Di solito chi fa questa esperien-

za pensa di smettere quando

vuole. Man mano però la di-

pendenza inizia a far parte della sua

vita tanto che appaiono i primi signi-

ficativi sbalzi d’umore e di comuni-

cazione che pone in secondo piano

l’importanza della sua immagine.

Lo sguardo si perde, la fiammella

negli occhi si spegne, qualsiasi cosa

succeda attorno non gli importa

più. Deve difendersi per non farsi

scoprire e si chiude sempre più in

se stesso. Il suo mondo comincia

a riempirsi di bugie, abbandona

gli amici di sempre e sarà sempre

meno presente nell’ambito famigliare e le scuse sono

tante che possono confondersi con lo stato adolescen-

ziale. Chi fa uso di eroina, cocaina e morfina, secondo

alcuni manuali, presenta le pupille “a spillo”, con gli

C

n.109

Allarme droga agli adolescentia Teramo

Accade a Teramo

di

www.mauriziodibiagio.blogspot.comMaurizioDi Biagio

Genitori sull’orlo di una crisi di nervi

Page 7: Teramani n. 109

rilanciato dal consiglio comunale

dove Franco Fracassa di Futuro In

ha riportato le preoccupazioni se-

gnalategli da genitori e dalle stesse

forze dell’ordine. Oltre a denuncia-

re come il fenomeno sia fortemen-

te in crescita tra gli adolescenti, e

con l’età che si abbassa sempre

più, il consigliere mette in risalto

che “quella che dovrebbe essere

la solita dose è stata in pratica

raddoppiata, in buona sostanza gli

spacciatori cercano con quest’e-

spediente di fidelizzare maggior-

mente il cliente, inducendolo ad

un consumo maggiore”. Fracassa

chiede che questa sorta di mercato

della morte sia bloccata subito sul

nascere nella nostra città: “An-

ch’io sono genitore, e devo dare

risposte a coloro che mi hanno

segnalato il caso; non significa

che se realizzo un arredo urbano

la città poi sia più bella, dobbiamo

tutelare i minori, anche perché,

purtroppo, l’età dei consumatori si

è abbassata notevolmente: è peri-

colosamente sotto i tredici anni”.

Maggiore vigilanza dunque, “più

forze dell’ordine, più vigili urbani

a piedi per le nostre vie a rischio

spaccio che Fracassa indica in

Piazzetta del sole, Piazza Garibaldi,

Torre Bruciata e a volte perfino

Piazza Martiri. L’allarme droga ai

minorenni è rilanciato dal Sert di

Teramo: “Il fenomeno nell’ultimo

anno è raddoppiato – dichiara il

responsabile Valerio Profeta - si

registra un forte incremento di

adolescenti alle prese con dipen-

denze da oppiacei e cannabinoidi

e su questa scia rileviamo di pari

passo un forte aumento di casi di

disturbi psicologici, in alcuni casi

già preesistenti ma in altri indotti”.

Emilio Rajola, segretario provinciale

del Sap (Sindacato Autonomo della

Polizia) invita a segnalare tutti i

casi attinenti al fenomeno droga in

città ed anche a fare esposti: “Noi,

causa sott’organico, non possiamo

arrivare dappertutto”. Le location

dello spaccio vengono definite da

Rajola “magmatiche”, cioè non per

forza di cose relegate ad alcuni

punti precisi, ma diffusi secondo le

necessità.

Page 8: Teramani n. 109

8

al pub. “È meschino che si calchi la mano sottolineando

la differenza di altezza” s’inalbera ancora la senatri-

ce Pezzopane, o Piece of Bread, come asserisce che

qualche volta affettuosamente la chiamano. “È meschino

anche affermare che lui”, lo spogliarellista, il tronista, il

mancato mister Italia, insomma Simone Coccia Colaiuta,

“debba stare

con me solo

per soldi. Non

capisco perché

non possa

stare con me

per amore” e

piange in diret-

ta con la sua

mano incassata

in quelle più

grandi di lui. Si

sono conosciuti

al bar ed è nata

una love story

asimmetrica,

forse per certi

versi antica, di

lui che dicono

vorrebbe far

fortuna sulle

spalle della

senatrice, cre-

ando il caso ad hoc per le televisioni e i mass media in

generale, e di lei che tra sesso, fama, e parrucchiere, ci

guadagna in vita ed autostima. Una storia alla Risi, alla

De Sica, un po’ neorealista, un po’ B-movie alla Alva-

una donna che passa di braccio in braccio, dall’O-

bama dello yes we can che la lancia sopra le ma-

cerie aquilane ad uno spogliarellista che l’ha fatta

innamorare un giorno al bar. Stefania Pezzopane

non è metà più un’altra metà ma è tutt’intera in lacrime

davanti alla Bignardi che rivendica un amore puro men-

tre il suo partner a letto la mette già, come lui racconta

in tv, in una certa posizione e dichiara di avere occhi

solo per la sua collega Boschi”. Stefania Pezzopane non

ha il cuore più vicino al culo, come cantava Fabrizio De

André, ma proprie

virtù e soprattut-

to tanta voglia di

essere amata: “Mi

sono sempre bat-

tuta per l’amore,

non capisco perché

ora tutti quelli che

commentano il

nostro flirt siano

diventati così retro-

gradi: questa storia

invece può aiu-

tare tante donne,

l’amore non uccide,

ci può stare anche

tra una senatrice

di 55 anni e un

uomo di 31 con 60

tatuaggi addosso”.

Il discorso non fa

una grinza. Solo

che in questi ultimi

mesi, la coppia felix è in tv più di Salvini e Santanché

messi assieme. Svariano da La7 fino alla D’Urso che ci si

“impappa”, dalle Iene a Matrix, soavemente innamorati e

per mano davanti ai microfoni come due teneri ragazzini

È

n.109

Stefania eSimone, la coppia asimmetrica

La storia

di

www.mauriziodibiagio.blogspot.comMaurizioDi Biagio

La storia della senatrice Pezzopanecon il suo lui

Page 9: Teramani n. 109

ro Vitali: La senatrice e… Non si

può condannare l’ex presidente di

Provincia ma nemmeno ammettere

che la presenza ostentatrice dei

due su tutto il proscenio telematico

e televisivo di un amore impossibile

e pertanto sofferto debba essere

considerato politically correct e

dunque digerito dall’utente. La bella

e la bestia, poi per la verità non so

davvero riconoscere chi sia la bella

e chi la bestia tra i due, ha la sua

buona riuscita come format negli

studio delle paillettes e delle D’Ur-

so. Hanno visto che in questo caso

l’audience è come una blu chips, un

titolo sicuro. La fama è confermata

da Lucia Ocone che nella trasmis-

sione di “Quelli che il calcio” la imi-

ta grossolanamente come possono

fare i bambini astiosi mettendosi in

ginocchio e ponendo le scarpe alla

rotula. In Abruzzo pare che siamo

condannati a farci rappresentare

nell’immaginario collettivo dell’u-

niverso televisivo da personaggi

simpaticamente furfanti ed ignoran-

ti (Antonio Razzi) o da coppie che

incarnano una contraddizione che

stupisce il mondo come la donna

cannone. “La prima notte? Per lei

c’è stato “un bel bacio”, per lui “la

camera da letto, l’ho buttata sopra

e daje tutta“. Questo tira in tv alle

dieci e trenta. Facile per i due sfon-

dare e fare presa sui telespettatori.

“Quante volte la prima sera?”. Per

lei un delicato “top secret“, per lui

“due-tre volte“. Cosa ti fa impazzire

dell’altro? Lei adora i suoi baci, lui

“c’ha due tette grandi da paura“.

Chi urla di più a letto? Lei risponde

“nessuno“, Lui “mi dice, dai Simone

di più, mi stai facendo impazzire...”.

Queste le confessioni alla macchina

della verità. Ventiquattro anni di

differenza possono essere colmate

così. Cosa dice la gente, i due non

lo vogliono sapere anche se, come

racconta la senatrice, qualcuna su

Facebook le scrisse: “Brutta nana te

stai a fa’ freca’ da no stronzo”. Che

poi come incipit potrebbe essere

quello di una puntata a Canale 5 o

Italia Uno, sai che contatti! Tanto

il suo Simone l’ha pure dichiarato:

“Da quanto sto con te faccio più

serate”.

Page 10: Teramani n. 109

10n.109

La coscienzadi Zeno

psicanalista egli scrive le

sue memorie, curando gli

intimi e sottili processi

psicologici più che l’anda-

mento esteriore dei fatti (le

vicende che lo conducono,

innamorato di una bellissi-

ma ragazza, a sposare infine

la sorella brutta; il successo

che, inaspettatamente, lo

seconda negli affari, mentre

sfugge all’astuto e affasci-

nante cognato Guido cui pareva destinato); descrivendo anche le

sue inquietudini e manie, come il vizio del fumo, dal quale vorreb-

be guarire, mentre ne elude ogni volta il proposito concedendosi

un’ ”ultima sigaretta”. Il dissidio interiore viene ad

assumere dimensioni tragiche. Per disintossicarsi,

Zeno entra in una clinica ma qui, mentre teme

che la moglie lo tradisca, corrompe infermiere e

inserviente per ottenere di contrabbando “l’ultima

sigaretta”.

Zeno vive un rapporto complicato con il padre, un

borghese affermato. Alla pesantezza del padre il

figlio opporrà la leggerezza, perché libero da ogni

fardello morale, religioso, culturale.

Zeno “è un fannullone e un farfallone amoroso, un

miscredente, un accanito fumatore, uno spendac-

cione, ama il gioco e non prende mai sul serio la

vita”. Come pure la vita irride affettuosamente al

personaggio.

Come un bimbo che si trovi in difetto, perché

ha commesso una marachella, Zeno dice bugie.

Sempre, però, originali. ”Son felice - scrive

Ettore Schmitz alla fidanzata Lidia Veneziani -

soltanto quando sento muovermi nella grossa

testa delle idee che credo

non si muovano in molte

altre teste”. Zeno finge

di mentire a se stesso e

invece mente realmente

allo psicanalista, che ha la

pretesa di metterlo a nudo.

Solo il medico vede il re

nudo, per tutti gli altri lui è

vestito.

Svevo è uno scrittore ori-

ginale, ha colto nei propri

personaggi non la morte

dell’anima, ma i segni della

nevrosi. E ne ha parlato

spudoratamente. L’anima,

si sa, è corruttibile e l’uo-

mo “è capace di mettersi

la mano sul cuore e di

pensare ai soldi”.

on “La coscienza di Zeno” Italo Svevo

(pseudonimo di Ettore Schmitz) realizza uno

dei romanzi più significativi della letteratura

italiana del Novecento. I lettori, per molto

tempo indifferenti allo scrittore triestino, con il

terzo romanzo se ne sono infatuati.

“La vita è originale” avrebbe ricordato Zeno, per-

tanto anche la letteratura ha l’obbligo di essere in-

novativa. Il pubblico non va sedotto, con argomenti

popolari e una scrittura accessibile, ma va educato

a un gusto differente.

Svevo dismette l’abito verista, ma non per

indossare i lussuosi e ricercati abiti dannunziani.

Prima di vestire il corpo, bisogna pensare a non

far raffreddare l’anima. Che poi è sempre l’anima

dell’uomo qualunque. Allora non basterà avvolger-

la nella seta o nel velluto, semmai in un tessuto

grezzo e spesso.

Gli occhi del verista sono offuscati dalla cataratta.

Per tornare a vedere restano

solo due vie: operare e

rimuovere l’ostacolo, oppure

guardare con l’occhio della

psiche, quello che si guarda

dentro, fin nelle viscere.

Freud docet. L’occhio di

Svevo “stravede, vede oltre,

senza che la vista sembri

visione”. Oppure ha il “mor-

bo di Basedow”: l’occhio è

proteso a guardare oltre.

Il protagonista del romanzo,

Zeno Cosini, è un uomo be-

nestante che può dedicare

alle proprie inquietudini di

nevrastenico molto tempo,

poiché vive con pigrizia

gli impegni lavorativi. Su

sollecitazione del proprio

C

Il libro del mese

di

[email protected] CristinaMarroni

E “l’ultima sigaretta”

Page 11: Teramani n. 109
Page 12: Teramani n. 109

12 Scuola

“Non esiste un vascello veloce come un libro per portarci in terre lontane”(Emily Dickinson.)

n.109

di

[email protected] GabriellaDel Papa

Festival efiere del libroin Italia

il 28° Salone Internazionale del Libro. Lo ha comunicato il

Quirinale al Sindaco di Torino, Piero Fassino, che gli aveva

rivolto l’invito ufficiale nel corso del suo ultimo incontro

con il Capo dello Stato. Per questo evento vorrei consigliare

un modo per bypassare le code alle casse. Dal 1 aprile su

salone libro.it, attraverso la piattaforma Vivaticket è possibile

acquistare online i biglietti e gli abbonamenti. I possessori di

smartphone e tablet potranno anche evitare di stampare la

mail con i dati d’ingresso, i lettori del Lingotto Fiere saranno

in grado di leggere i codici a barre direttamente dal device

mobile in possesso del visitatore. Il tema conduttore sarà:

Le meraviglie d’Italia. Nell’anno del “Torino Incontra Berlino”,

Paese Ospite d’onore è la Germania, presente con un grande

stand interattivo nel Padiglione 3 e oltre venti autori che

presenteranno le loro opere pubblicate in Italia: rappresen-

tanti dei generi letterari più diversi, dal thriller al saggio, dal

libro illustrato all’epopea famigliare. Regione Ospite d’onore il

Lazio, presente con i suoi autori ed editori.

Spostiamoci a Roma, con il suo storico Festival Internazio-

nale presso la Basilica di Massenzio al Foro Romano. Dal 27

maggio al primo luglio si svolgerà la XIII edizione di LETTE-

RATURE Festival Internazionale di Roma, ideato e diretto da

Maria Ida Gaeta, direttrice della Casa delle Letterature di

Roma, per la regia di Fabrizio Arcuri. Lo storico festival della

Capitale, promosso dall’Assessorato alla Cultura, Creatività

e Promozione Artistica di Roma Capitale con il supporto or-

ganizzativo di Zètema

Progetto Cultura, si

sposta quest’anno

dalla sua abituale

sede alla Basilica

di Massenzio nella

suggestiva piazza del

Campidoglio. Dieci

serate con importanti

ospiti italiani e inter-

nazionali, che, come nelle precedenti edizioni, sono invitati

a scrivere e a leggere dal vivo un proprio testo inedito sul

tema che ogni anno il Festival propone. Quest’anno LETTE-

RATURE suggerisce, agli autori invitati, di scrivere un testo

lasciandosi ispirare dalla citazione

“Ognuno, ma proprio ognuno, è il

centro del mondo” (Elias Canetti, La

provincia dell’uomo), una riflessione

che rimane più valida che mai nel

nostro mondo dove ognuno può

articolare la propria singolarità in

molteplici modi, spesso mutevoli e

arbitrari, svincolati dal tempo e dalla

geografia.

Puntuale come ogni anno, torna

“Una marina di libri”, il festival del

libro a Palermo. L’appuntamento,

dal 5 al 7 giugno, è alla Gam-Galleria

d’Arte Moderna. Da venerdì 29 a

l mondo dei libri non ha confini, è uno stato libero ed

indipendente, non ci sono sovrani, non esistono leggi ed

è abitato da gente che vive la propria vita senza doversi

misurare con gli altri e senza dover avere un determinato

comportamento perché sia accettato dagli altri.

È un mondo speciale ma facile da raggiungere e per dirla

con la grande poetes-

sa americana Emily

Dickinson: “Non esiste

un vascello veloce

come un libro per por-

tarci in terre lontane”.

A questo proposito,

per tutti gli appassio-

nati di libri, vorrei se-

gnalarvi, qui di seguito,

alcune interessanti manifestazioni editoriali organizzate in

Italia da Maggio a Dicembre 2015.

Da oltre cinquant’anni la Fiera del Libro per Ragazzi è l’ap-

puntamento internazionale più importante per tutti coloro

che si occupano di editoria per

bambini e ragazzi, nonché per gli

appassionati fruitori del libro. Le

manifestazioni rappresentano anche

una occasione per conoscere le ulti-

me tendenze del settore, incontrare i

maestri dell’illustrazione, gli autori di

successo e i vincitori dei più presti-

giosi premi internazionali.

Partiamo da Torino, il XXVIII salone

internazionale del libro (Lingotto

fiere 14-18 maggio 2015). Sarà il

Presidente della Repubblica Italiana

Sergio Mattarella a inaugurare nella

mattinata di giovedì 14 maggio 2015

I

Page 13: Teramani n. 109

autori.

In autunno, ottobre, vi segna-

lo Milano: “Fiera Internazio-

nale del Libro”. Nata da poco,

ambisce a diventare il terzo

polo dell’editoria in Italia.

Firenze: Festival dell’inedito

– Lo scouting dei nuovi stili e talenti

letterari.

Arriviamo a novembre e tocchiamo

Pisa: ”Pisa Book Festival” – La

Fiera dell’Editoria Indipendente.

Concludo la carrellata consiglian-

do, a dicembre, Roma: ”Più libri

più liberi” – Fiera della piccola e

media editoria. A differenza del

Salone di Torino, offre un’ampia

selezione di libri esclusivamente

di piccole e medie case editrici.

Immancabile Milano: ”Salone

del Libro usato” – Bancarelle in

Fiera.

13

A settembre Farfa (RI): Fiera dell’Edi-

toria indipendente “Liberi sulla Carta”.

Piccola ma ben organizzata .

Spostiamoci a Pordenone: “ Porde-

none Legge” – Festa del libro con gli

domenica 31 maggio 2015, si

svolgerà la XIV Edizione del

Festival della Cultura medi-

terranea a Imperia nel centro

storico di Porto Maurizio con

il patrocinio del Ministero dei

Beni Culturali e dello Svilup-

po Economico del Comune, Provincia

e Camera di Commercio di Imperia,

Regione liguria e Expo 2015.

A luglio Cetara (SA): Fiera dell’E-

ditoria… in riva al mare. Nella

splendida cornice della Costiera

Amalfitana un piacevole punto

d’incontro tra cultura e suggesti-

vi paesaggi.

Nel mese di agosto si segnala

Spoleto (PG): Fiera “Libri all’Oriz-

zonte”. La Rocca Albornoziana

offre una sede ideale per questa

fiera ambiziosa e fuori dagli

schemi.

n.109

emel in anno licet insanire, una volta all’anno è lecito far

pazzie, recita questo antico proverbio latino. Semel è un

avverbio numerale e vuol dire “una volta”. La lingua italiana

non ha avverbi numerali, ma ricorre a locuzioni come

“una volta, due volte, tre volte” ecc… L’unico avverbio numerale

latino rimasto nell’italiano corrente è “bis” che significa un’azione

ripetuta per una seconda volta, la ripetizione di qualcosa; chiedere

un bis, fare il bis, treno bis ecc… Bis è usato soprattutto come

prefisso nella forma bi– con significato di “due volte”, “duplice”,

biscotto (cotto due volte), bisettimanale (due volte la settimana),

bimestrale (due volte al mese), bisillabo (di due sillabe), bisenso

(che ha due significati), bilingue (che parla due lingue). Talvolta dà

alla parola una sfumatura di peggioramento: bistrattare mal-

trattare, bisunto lercio di grasso, di unto, sudicio, o di bizzarria:

bislacco stravagante, bistorto lunatico. Bis ha dato infine

origine al verbo bissare ripetere, fare il bis, usato particolarmente

nel linguaggio sportivo: per un calciatore bissare significa segnare

una seconda rete, per un ciclista vincere una gara o una tappa per

la seconda volta di seguito ecc…

Note Linguistiche [email protected] GabriellaDi Flaviano

Semel in anno...S

di

Page 14: Teramani n. 109

E lo smottamento della politica

14n.109

Satira

di

[email protected]

Vetrai, vetraie distintivo. Giusto così per dirla alla De

Niro, alias Al Capone, nel film “The Untou-

chables”. Poi ci si accorge che lassù, nella

Bassa Pavese, dalle parti del Belgioioso, il

cui nome è dovuto alla bellezza dei luoghi

e alla fecondità di campagne adornate del

frutto più prezioso, il riso, tanto da dubitar-

ne l’origine asiatica, una cittadina di provin-

cia pare abbia svenduto il proprio piano di

protezione civile comunale in cambio di una

caciotta resa per voce vernacolare sparsa

sulle arie liriche di un eroico melodramma:

il “Tancredi” di Rossini. Un’opera conside-

rata da Stendhal come “alto tra capolavori

del compositore, un vero e proprio fulmine

a cielo limpido e azzurro per il teatro lirico

italiano”. Così va il mondo. Si scava una

buca per riempirla. The Business Way. La via

degli affari. E se la via crolla perché piove

un po’ più del normale, si chiama il vetraio.

Inaspettatamente, dalle tenebre della storia

antica emergono vestigia romane che,

comunque vada, se ci metti nottetempo un

palmo di vetro antiproiettile, le sovrinten-

denze dei beni culturali si preoccuperanno

immediatamente di sanare le incompetenze

degli amministratori pubblici. “...a volte

la superbia stava per darmi alla testa, ma

sono rimasto immune. Mi è sufficiente, per

un istante, pensare all’inutilità dell’arte in

questo mondo umano per raggelarmi” (L’ora

del lupo, Ingmar Bergman).

cco di cosa c’è bisogno. Di vetrai.

Proprio di quegli artigiani che rendono

solido l’invisibile e, tra gli infissi, inac-

cessibile il visibile. Le colline franano a

valle come l’acqua non risale il fiume. I sal-

moni sì invece che ci vanno controcorrente.

In gozzoviglie, gli orsi sul greto appostati.

La gravità è una legge. Ed è per questo

assunto che, nel tempo, le mensole, prima

ancora degli scienziati di Houston, hanno

pedissequamente adempiuto alle occorren-

ze dei precipitanti. Anche un buon piano di

protezione civile comunale può provvedere

allo sviluppo di una simulazione di eventi

calamitosi affinché si possa in seguito ana-

lizzare il possibile scenario di interruzione

delle viabilità. Per esempio, tentare di appli-

care modelli topografici suscettibili in quelle

regioni in cui si manifestano e ripetono forti

piogge, smottamenti, terremoti. La sensibi-

lità nei riscontri dei dati disponibili. Un even-

to da innescare nel più probabile impatto

sulla transitabilità; in termini di numero di

strade bloccate, di potenziali interruzioni

della rete insistente. La protezione civile si

adopera per conformare scenari di accadi-

menti di diverse dimensioni e incrementare

risorse che potrebbero essere necessari per

accertare scenari implicitamente vulnerabi-

li. Simulare l’impatto virtuale di frane e altri

tipi di pericoli su diverse reti infrastrutturali.

Il bisogno di una mappa di ipersensibilità,

una conoscenza digitale della distribuzione

statistica dei cedimenti. Solo chiacchiere

E

pur mantenendo il tradizionale impiego di mate-

riali preziosi. Il piatto o patena era la suppellettile

essenziale del banchetto; fin da principio la sua

funzione fu quella di ricevere il pane consacrato

e servire come supporto per la

consacrazione per compierne

la frazione e poi per distribu-

irla ai fedeli. Misticamente il

calice e la patena, oggetti chiave

dell’Ultima cena, sono emblemi

del vino eucaristico e del pane,

traslazioni sul piano simbolico

del sangue e del corpo di Cristo.

Strumenti del culto essi simbo-

leggiano la fede cristiana.

Il Calicecelto da Gesù Cristo nell’Ultima cena

per operarvi la prima consacrazione

eucaristica, il calice è il più importante dei

vasi sacri. Il calice, impiegato nella messa

quale custodia del sangue di Cristo, è sempre fatto

di materiale prezioso: pietra dura, oro e argento

simbolicamente impiegati per sottolineare la

preziosità della stessa eucarestia. Si ritiene che

i calici antichi assomigliassero a una tazza con

due anse che si collegava con brevissimo collo a

un piede circolare e tali dovettero essere anche

quelli medievali. Con i secoli XI e XII comincia a

decadere l’uso della comunione sotto la specie

del vino e con essa i calici a due anse, per lasciare

il posto, in epoca gotica, a un

calice con coppa conica su stelo

poligonale decorato. Questa

forma appare assai documenta-

ta nella pittura tardo gotica, ma

anche la pittura rinascimentale

testimonia la sua tenace persi-

stenza. Un aspetto meno archi-

tettonico hanno invece i calici

che fra Seicento e Settecento

si conformano al gusto barocco

S

L’oggetto del desiderio [email protected]

di

Page 15: Teramani n. 109

15fare la fila per avere del cibo. A volte, sono

andato a casa a mani vuote perché non ce n’era

abbastanza per tutti. Nessuna alternativa. La

carestia era nella mia infanzia insieme alla guer-

ra” (Abdi, 28 luglio 2011). Un politico illuminato

si preoccupa giustamente della pulizia tecnica

della cittadina di provincia che amministra:

“Visto che li dobbiamo pagare” spiega un sin-

daco a proposito dei profughi “fargli provvedere

alla pulizia del lungofiume è sempre meglio di

restare in piazza a bighellonare: in questo modo

si renderebbero utili alla collettività che li sta

ospitando” (un primo cittadino). Purtroppo, il no-

stro grafico non potrà essere d’aiuto a chi con la

memoria sta già scorrendo la strofa di Jannacci

dopo le dichiarazioni del sindaco. “C’hai proble-

mi?”, problemi secolari popolari nei quartieri. In

ogni scala e su scala nazionale, ma per gli inglesi,

italiani o albanesi è uguale. Problemi di pensioni

rimosse, di debiti e storie, finite le scorte. Crol-

late le borse, aperte le porte, la fame che arriva

da chi non la conosce. Non ho problemi con il

mondo, solo con voi che comandate”

(Desolato, Jannacci). La desolazione

che attraversa la storia umana è una

secrezione cerebrale inespugnabile.

La resa al buio. “Il fatalismo è indi-

spensabile nella scienza storica per

spiegare certi avvenimenti privi di

senso; dei quali, cioè, non compren-

diamo la ragionevolezza” (Guerra e

pace, Lev Tolstoj).

ano nella mano con la mamma, un

uomo accovacciato, gente in attesa,

donne che protestano, la fila per

imbarcarsi e poi finalmente in alto

mare. Questa la vita che scorre a un palmo dal

naso di un terzo della popolazione mondiale.

Quella mano che misura la distanza dal reale

potrebbe iniziare a muoversi e articolarsi con

le dita per fare marameo alla vita. Oppure, una

pernacchia per quelle miserande esistenze che i

media ci propinano quotidianamente rovinandoci

l’appetito. E di questi rumoracci, di

questi peti vocali la rete, il web sono

stracolmi. In questo movimento di

tastini con le lettere dell’alfabeto

stampate sopra ci si sta affollando

in un unico spazio mentale. Sotto gli

occhi sì, non della mente per alcuni,

scorrono i fatti dei 900 disperati

morti annegati nel Mediterraneo. La

merda degli umani puzza nei social

attraverso post come “Questa estate

non mangerò pesce!”; “Novecento

morti: troppo bello per essere vero!”;

“Cazzo finalmente qualcuno muoreeee!!!”, scrive

Stefano su facebook; poi Rocky con “Affon-

dasse tutta l’Africa”; Daniele aggiunge “Dai, se

non sono 700 mi va bene anche 699”; Gaetano

gioisce così “Godoooooo, devono affogare tutti

questi invasori”; Silvia si rammarica “Peccato

così pochi”; Franco è pragmatico “700 parassiti

in meno da mantenere, affondasse anche il

Parlamento con tutto il governo avremmo fatto

bingo” (Il Messaggero.it, 19 aprile 2015). Adesso,

chiediamo al nostro grafico di posizionare e

mettere bene in evidenza una foto che, quasi

simile alla precedente, proverà a indicare delle

significative differenze di posa. Mano nella mano

con la mamma, un uomo accovacciato, gente

in attesa, donne che protestano, la fila per imbar-

carsi e poi finalmente in alto mare. Questa la

vita che scorre a un palmo dal naso dei due terzi

della popolazione mondiale. “Ancora la fame e le

immagini strazianti dei

miei concittadini somali.

Da bambino ho dovuto

Satira

di

[email protected]

La resa al buio

Me la vita che scorread un palmo dal naso

n.109

uardando quelle immagini, trasmesse dalle tv di tutto il mon-

do e diventate virali sui social network, bisogna sinceramen-

te ammettere di aver provato un colpevolizzante senso di

invidia: una madre che, di fronte ad una sconsiderata azione

del figlio (lanciava sassi contro la polizia), lo bracca, lo abbranca e poi

lo prende a ceffoni!

Ebbene, un po’ d’invidia è d’obbligo. Pensiamo a quanto avviene co-

stantemente, troppo costantemente, nel nostro Paese, in particolare

nella scuola. Uno studente maggiorenne malmena un professore,

aggredisce il capo di istituto con insulti e minacce? Ecco pronto

un bel ricorso dei genitori alla magistratura contro le sanzioni della

scuola. Il pargolo, di scuola superiore, non ha studiato tutto l’anno,

nel precedente si è salvato per il rotto della cuffia, non risponde alle

sollecitazioni dei docenti? Viene bocciato e subito dopo... ecco un

bel ricorso alla magistratura, con buona speranza di essere promos-

so per via giudiziale! Un pupo di scuola superiore è bocciato per Edu-

cazione fisica e Matematica non “riparate” a settembre? Ebbene, EF

è considerata poco più di movimenti inconcludenti, la matematica,

poi, in un liceo classico non può avere tutta questa importanza! Da

qui un bel ricorso che in molti, troppi casi viene accolto, sanzionan-

do... la scuola e i docenti! Ecco perché, di fronte a quelle immagini

di Baltimora, il cuore di molti docenti e presidi ha pulsato d’invidia.

Anche se poi se ne sono pentiti. Forse...

Nel mondo [email protected]

La madre di Baltimora

G

di

e il bamboccio italiano

Page 16: Teramani n. 109

Itinerari su due ruote

Magnifico percorso ciclo pedonale

dihttp://paesaggioteramano.blogspot.ithttp://www.abruzzoinbici.it

Sergio Scacchiae Lucio De Marcellis

La viadella Abbazie

a pianta circolare absidata e oggi sono in parte visibili grazie ad un piano di

calpestio in vetro.

La grande sorpresa è l’incontro con Giuseppe Tupitti, artista e artigiano.

Nella sua casa, sul percorso, questo signore ha realizzato un piccolo museo

privato, macchina del tempo. Ci sono le trebbiatrici, cinque volte più piccole

del normale, i mini trattori, le artistiche sculture di ferro battuto. Un cartello

avvisa: “Io con la vita mi diverto”.

Raggiunta la statale, si costeggia il marciapiede nei pressi del ristorante “I

Tre Archi”, poi dell’agriturismo “Il Cammino storto”.

Siamo vicini all’area industriale di Castelnuovo al Vomano. Fin qui, tutto

facile.

In breve scopriamo la torre di Montegualtieri, nel borgo omonimo. Il

paese che ospita questa vedetta è frazione di Cermignano, abbarbicato su

di uno sperone roccioso a guardia della vallata del fiume Vomano, lungo il

fianco di una delle tante colline.

Il minuscolo abitato, che oggi conta poco meno di cento abitanti, in origine

aveva il nome di “Mons Sancti Angeli”, poi prese l’attuale denominazione da

Gualtieri, signorotto che ne fu il possessore.

Dagli oltre diciotto metri di altezza della torre d’avvistamento, che poggia su

di un basamento poderoso e alla sommità presenta una pregevole merlatu-

ra, è possibile ammirare un panorama grandioso

che spazia dal Gran Sasso al mare.

Attraversato il ponte, si entra nel territorio di

Cellino.

Svoltando a destra, costeggiando il fiume a monte,

si arriva a Piane Vomano e, per un saliscendi, alla

località Taverna.

Più avanti c’è la diga con il lago artificiale di Villa

Vomano, trascurato da molti, ma zona carina da

visitare.

Sulla statale Piceno-Aprutina, in prossimità del

cavalcavia della superstrada A24, si svolta a sini-

stra per strade secondarie, superando la località

Zampitti.

Dopo il bivio per Miano, quello di Spiano. Sono

luoghi dalla vista incantevole.

Una breve salita da percorrere a piedi introduce,

a sinistra, per un tratturo che porta a Piane di

Collevecchio.

È il tratto più difficoltoso ma anche più bello. Si

costeggia il fiume in un incontaminato bosco.

I Romani, qui, avevano costruito cisterne e terme.

I resti archeologici, affiorati su terreni privati e le

locali acque sulfuree lo confermano.

Una nuova passerella conduce sulla destra del fiu-

me, zona industriale. In poche pedalate si avvista

Montorio, la porta del Parco.

Il percorso in mappa:

http://www.piste-ciclabili.com/itine

rari/1549-lungofiume-vomano-scer

ne-di-pineto-montorio-al-vomano

Informazioni:

http://www.associazioneitaca.org/

n bici, sotto un cielo celeste come i colori a matita dei bambini, lungo

il fiume che scorre placido nella valle dei templi e i paesi immoti sulle

colline.

La ciclo turistica sul Vomano è un bellissimo itinerario che collega il mare

alla Strada Maestra del Parco e, fino a Castelnuovo, è alla portata di tutti.

La biforcazione sul fiume Mavone consente di

raggiungere Isola del Gran Sasso e il suo santuario.

Poche indicazioni da parte dei comuni attraver-

sati e, i turisti della costa in estate, potrebbero

conoscere il nostro entroterra, per il percorso “La

Via delle Abbazie”.

Ecco il sito di riferimento dove attingere notizie:

http://www.valledelleabbazie.it/

Importante ricordare anche il Coordinamen-

to Ciclabili Abruzzo Teramano, l’associazione

ambientalista che per prima ha sognato questo

incantevole percorso.

Si parte da Scerne, ponte sul Vomano, Statale

16, risalendo la valle nell’argine sud, lato Pineto.

Occorre una mountain bike o una city bike con gomme grandi.

La prima parte del percorso, ben tenuto dal comu-

ne, costeggia il fiume e s’incontra una zona verde

adatta per una bella area di sosta.

Qualsiasi gamba può giungere al ponte di Fonta-

nelle di Atri. Attraversatolo, si inizia a costeggiare

l’argine nord di Notaresco.

Di fronte c’è la splendida abbazia di Santa Maria

di Propezzano.

Era l’antica Santa Maria Propizia Pauperis con

l’annesso monastero, che divenne subito dopo il

Mille punto di riferimento lungo il percorso adria-

tico verso la Terra Santa. Un luogo miracoloso per

molti, dato che la tradizione vuole che il sito sia

nato per volontà della Vergine Maria.

In corrispondenza dell’altro gioiello romanico, San Clemente al Vomano, si

punta verso la chiesa, lasciando l’argine alle spalle. La deviazione è necessa-

ria perché il fiume sta erodendo la sponda.

La chiesa di San Clemente è un’oasi di arte e fede, miracolo di ingegneria

antica. Al suo interno ci sono degli scavi archeologici effettuati sotto il piano

del pavimento, che nel 1987 restituirono alla luce un misterioso elemento

I

16n.109

Page 17: Teramani n. 109

17n.109

ni con una naturalezza che solo un comunista

come lui poteva possedere a quell’età e in

questa realtà, in un contesto storico avverso

per uomini come lui. Ha visto srotolarsi

davanti ai suoi occhi buoni un modello di

città che non ha mai approvato, e sopportato,

verso cui si è sempre scagliato con il suo

aspro candore tra il fanciullesco e la senilità

di chi pare averle viste tutte. “Fossimo a New

York ci sarebbe una logica ma qui certamente

no” disse a proposito dell’ipogeo in piena

campagna elettorale quando assieme ad

Albi e Brucchi tentò la sorpresa della fascia

tricolore a Piazza Orsini. “L’amministrazione

sta mettendo le mani sulla città pensando

che il mattone sia l’unico volano che faccia

girare l’economia di questa città” aggiunse

senza boria ma con la tensione giusta della

denuncia. Perché Sandro Santacroce sapeva

indignarsi oppure contraddirti e lo manife-

stava quando orientava il suo sguardo verso

il basso o in altra direzione, come se non

volesse ferire l’interlocutore con il suo netto

diniego impresso negli

occhi. Il ghigno di chi

pensa era tra l’amaro

e lo scettico, che si

poteva spianare in un

largo sorriso bianco.

Con le sopracciglia

corrugate, ti rimirava

dal basso verso l’alto

anche se eri un metro

e mezzo e non di più.

Non fabbricava alibi per

far tacere la propria

coscienza, perché la

sua intelligenza, per

dirla con Silone, non

era miserabile. Chissà

come sarà il paradiso

di un comunista? Di un

uomo che ha sempre

anelato alla verità e alla

giustizia. Di chi ha teso

alla fratellanza e alla

lotta alle sopraffazioni. Forse un manto stella-

to in cui un uomo e una donna sono più giusti

e la legge morale non è più sopra di te, un

mondo di luce dove anche una bandiera rossa

non è più svilita e derisa come un feticcio di

un’epoca del giurassico condita da sberleffi

e canzonature che in genere si affibbiano a

pazzi e bambini.

E questo solo per aver sognato un po’.

on è che siccome s’è assentato resti

migliore degli altri. Non è che quelli in

partenza in fondo hanno sempre ra-

gione. Non è che Sandro Santacroce

sia diventato uno migliore perché in un giorno

di fine aprile si è spento a 61 anni nella sua

bandiera rossa che l’ha avvolto una vita intera

di lealtà. Forse con lui al posto di Massimo

D’Alema, Nanni Moretti non avrebbe mai

sfoderato il suo must rimasto scolpito nella

storia delle faccende

italiane: “Di’ una cosa

di sinistra”. E allora

si parlava di giustizia.

Forse con il rifonda-

rolo, il suo baffo poco

impertinente, gli occhi

languidi, una risposta

a Berlusconi nel film

Aprile l’avrebbe pure

data: precisa, puntuale,

ma soprattutto educata.

Ed è proprio per questo

che Santacroce è sem-

pre stato stimato ed

apprezzato in vita dai

suoi competitor. Non ha

avuto peli sulla lingua

quando ha dovuto

ingranare la marcia ma

di vilipendio gratuito

nemmeno l’ombra. I

suoi sono stati attacchi

meramente politici senza cadere nel vezzo

odierno che fa tanto auditel negli attacchi stri-

scianti e vili ad personam nei salotti televisivi,

nelle capre capre di sgarbiana memoria. Ep-

pure è sempre andato giù duro, con la licenza

della sana politica da battaglia, con poca

voglia di inciuciare, per la sua strada nell’a-

rido universo di una sinistra radicale senza

florilegio di incarichi, untuosità ecclesiastiche

e senza quel vizio della cura di sé che tanto

opacizza gli animi politici. Gli occhi sono stati

quelli di un cocker in attesa di una crocchetta

dal padrone ma determinati nella sua vis

bellica che cova sotto le braci per uscire fuori

senza preavviso, eruttiva, calma, una dolce e

manovrata tempesta di circostanze e luoghi.

Nel suo ruolo di consigliere comunale attaccò

più volte la giunta centralmente addossando-

gli l’epiteto di “palazzinara che ha in mente

di cementificare la città, un pezzo alla volta,

attraverso i piani integrati, camuffando le

reali esigenze della città con la realizzazione

di teatri che poi in cambio danno possibilità

ai costruttori di contropartite enormi, fin

troppo sbilanciate”. In lui davvero il conflitto

gramsciano tra l’ottimismo della volontà e il

pessimismo della ragione trovava una sintesi

formidabile, sfoderava entrambe le inclinazio-

Silenzio!

di

www.mauriziodibiagio.blogspot.comMaurizioDi Biagio

Come sarà il Paradiso di un comunista?

NLa scomparsa di Sandro Santacroce ha commosso tutti in città

Page 18: Teramani n. 109

18 Write about... the records!

2013 - CD digipack - Dualtone(Import)

di

[email protected]

Guy Clark“My FavouritePicture of You”

Verlon Thompson e Gordie

Sampson alle chitarre (ac./

el), Chris Letham (viola/vio-

lin) e le bravissime Morgane

Stapleton (harmony vocals),

Bryn Davies (bass & cello).

Pochi ma… buoni, gruppo

affiatato, scarno, essenziale,

funzionale agli intendimenti

musicali del nostro, a corro-

borare la voce bassa, roca,

ruvida, consumata dagli anni

e, quantomai espressiva nel ‘raccontar’ storie, piccoli quadretti di quo-

tidianità, avventure sui palchi (location prestigiosa come lo Smithsonian

Folklife Festival di Washington D. C.), Susanna era parte integrante di

tutto ciò, compagna e complice di situazioni, emozioni, viaggi, progetti,

concerti e registrazioni e, tanto altro ancora. Il CD, coerentemente, si

avvale di un package sobrio, spartano, essenziale si ma, completo di te-

sti e crediti, ben inciso, suono ‘caldo’ e coinvolgente, un velo di ‘tristez-

za’ fuoriesce dalle particelle alfa-numeriche del dischetto argentato, se

volete stare un tantino con voi stessi, a meditare e ripensare, questo

compact disc è adeguato. Il “Valzer della Farina di Mais” (Cornmeal Wal-

tz), apre le ...danze: il tempo è quello, voce , chitarre acustiche, basso e

violino, nient’altro ma, basta e avanza, segue la title-track, My Favourite

Picture of You, ci fa capire subito il riferimento esplicito a Susanna, il

cantato di Guy si adagia su una melodia struggente, dolcissima, scan-

dita dalle chitarre (Clark stesso e Samp-

son), e dal violoncello della Davies, si

può condensare la perdita della persona

amata in 3:30? È la storia, l’origine e la

circostanza della Polaroid. Segue Hell

Bent On a Heartache, Guy e Morgane

cantano all’unisono, idem le chitarre

(acustiche) di Thompson e Camp e, soli-

to (grande) lavoro al violino di Camp. El

Coyote (04), il Texas confina con il Mexi-

co e, si sente, c’è odore di Mariachi: “In

the Town of Raynosa there’s a beatiful

River it Shines in the Mexican Shines...”

Con Heroes, ritornano a duettare le voci

di Guy e Morgane, spoken-word iniziale

per confluire nel prosieguo, nella song

intensa, vissuta, sofferta e autentica,

con il cuore in mano. Con “La Pioggia

di Durango” (Rain in...) il CD s’impen-

na clamorosamente, svolta decisiva,

prestazione vocale e strumentale da

brividi, grazie anche al banjo di Camp (quanto mi piace lo strumento),

a scandire ritmicamente la già splendida canzone, il cantato di grande

intensità, chitarre e tese linee di basso, un’aura ‘magica’, sospesa, il

vertice dell’album! Volete un (buon) consiglio? È Good Advice (07), da

ascoltare nel suo incedere lento, classico, anticipa la 2nda ‘gemma’ del

disco: The Death of Sis Draper, fantastica, tesa e drammatica, introdotta

dal ‘sinistro’ violino di Camp, l’emozione è forte, fortissima, 3:46 di

brividi, l’ho subito inserita nella Spotify playlist!

ncora una storia di vita e agro-dolce, tanto da divenire un episo-

dio discografico emblematico. Guy Charles Clark (Monahans,

TX, 06/11/1941), è un grande cantautore con una importante

vicenda di vita vissuta e... da raccontare, appunto, oltre 20

albums sulle spalle a partire dal lontanissimo Old N°1 (RCA) del 1975:

ricordo la splendida cover in country & western style, Guy appoggiato

al muro, stetson (cappello da cow boy) in testa e la jeans-shirt appesa

di lato, sulla back cover la moglie Susanna, compagna per oltre 40

anni del nostro, scomparsa nel 2012. Queste le coordinate estetiche di

quel bellissimo LP, musicalmente cito

due songs mozzafiato: 1) Desperadoes

Waiting for the Train, incisa anche da

Martin Simpson (another my favourite

english guitar player), 2) A Nickel for the

Fiddler. Guy ha iniziato l’attività artistica

cominciando a ‘costruirsi’ le chitarre (è

un’abile liutaio) per suonarle divina-

mente, è anche Produttore e Arran-

giatore, nonchè talent-scout di vaglia,

fittissime le collaborazioni con le figure

più rappresentative del filone country-

folk-blues statunitense, oggi riassunto

nel termine “Americana”. Johnny Cash,

Vince Gill, Ricky Skaggs, John Denver,

Alan Jackson, Rodney Crowell, Emmylou

Harris, Steve Earle, Steve Wariner, il

compianto Steve Van Zandt, questi nomi

dovrebbero orientare le coordinate mu-

sicali dell’ascolto. Oltre al titolo citato,

spenderei ancora un pò di battute per

Texas Cookin’ (‘76), Better Days (‘83), Old Friends (‘88), Dublin Blues

(‘95), The Dark (‘02) e Workbench Songs (‘06), incisioni sotto l’egida del-

le più prestigiose labels come RCA, Warner, Sugar Hill, Elektra, Dualtone.

La “Mia Foto Preferita di Te” si riferisce alla piccola e sgualcita Polaroid

che Guy regge con una mano, probabilmente un retaggio di momenti

con i compagni di merende (e di alcool) come il ricordato Van Zandt.

Il CD è prodotto da Clark con l’altro chitarrista (bravissimo) Shawn

Camp e Chris Latham, l’elenco dei Musicisti è piuttosto parco: S. Camp,

A

n.109

Page 19: Teramani n. 109

dal contratto; in questo ambito si devono

comprendere gli obblighi di restituzione

di somme ricevute e di rendiconto che, a

seguito della stipulazione del contratto di

mandato, sorgono in capo al mandatario.

(Cass. Civ. Sez III, 11 agosto 2000 n. 10739).

L’estinzione del mandato per morte del

mandante e l’obbligo di rendiconto a

carico del mandatario si collocano in piani

diversi e non confondibili, talchè l’evento

morte spiega il solo effetto giuridico

di trasferire l’obbligo di rendiconto dal

mandante ai suoi eredi.

Difatti tale obbligo, avendo ad oggetto

atti già compiuti, e come tali spogli di

ogni profilo di personalità, riguarda il

passato e per esso valgono le regole

di diritto successorio. (Suprema Corte

30.08.1994 n. 7592; Cass. Civ. n. 8801

del 1998; Cass. Civ. n. 9262 del 2003).

L’azione di rendiconto e la con-

seguente azione di pagamento

dell’eventuale saldo, manifestando

l’intento di acquisire all’asse eredita-

rio beni ad esso spettanti, rispon-

dono all’interesse di tutti gli eredi e

possono essere esercitate da ognuno

di essi singolarmente, nell’esercizio

dei poteri di gestione dell’eredità e

dell’interesse comune; fermo restan-

do ovviamente l’obbligo di rendere il

conto ai coeredi e di ripartire fra tutti

l’attivo ereditario, in sede di divisione

(Cass. Civ. Sez. III del 14.10.2011 n.

21288).

Si può concludere che quanto sopra

detto non può ritenersi esaustivo del-

le tesi dottrinarie e giurisprudenziali,

in quanto l’argomento in questione

è meritevole di approfondimenti che

in questa sede non possono essere

trattati.

Rendicontoe mandatol rendiconto (art. 1713 c.c.) non

consiste in un mero prospetto

contabile dal quale evincere le in-

dicazioni delle spese e dei ricavi,

bensì nel dovere di consegna della

documentazione (ricevute, fatture,

lettere contabili, scontrini fiscali etc..)

atta a rendere possibile una verifica

dell’operato del mandatario (Cass. Civ.

Sez. II 7592/94).

In quest’ottica può nascere una

responsabilità ex contractu del

mandatario che deriva dalla mancata

esecuzione degli obblighi nascenti

dal mandato (contratto) che non solo

attengono agli atti di ordinaria e stra-

ordinaria amministrazione, nell’inte-

resse e per la gestione del patrimonio

del mandante, ma sono relativi anche

all’obbligo di rendiconto.

Il mandatario deve dimostrare le

spese effettuate e i costi sostenuti,

giustificando dettagliatamente la sua

attività, mediante la prova documen-

tale.

Il rendiconto, quindi, ha funzione

ricognitiva di ciò che è stato fatto

dal mandatario, che è lo strumento

idoneo per mezzo del quale si può

accertare in quale misura è stato

svolto l’incarico e se la sua condot-

ta sia stata adeguata al criterio di buona

amministrazione ai sensi del’art. 1710 c.c.

(Cass. Civ. 23.04.1998 n. 4203; Cass. Civ.

30.08.1994 n. 7592; 12.07.1990 n. 2713).

Il mandante può revocare il mandato rien-

trando tale attività nell’esercizio del suo pie-

no diritto; secondo quanto stabilisce l’art.

1722 n.2 c.c., dottrina e giurisprudenza sono

concordi nell’affermare che la revoca del

mandato generale, da parte del mandante,

non fa venir meno le obbligazioni nascenti

I

19n.109

Dura Lex Sed Lex [email protected]

di

Page 20: Teramani n. 109

20n.109

Calendimaggioe le Virtù

Dalla stessa radice “vert” anche il termine “vertigo”, vertigine,

e i suoi derivati, nel senso di giro e di rotazione, vortice, ca-

pogiro (vertigo capitis) ma anche di avvicendamento, muta-

mento. Vi è insito il significato di cambiare, di trasformarsi in

qualcosa d’altro, di avvicendarsi, di generare e nascere.

Etimologicamente, e nei termini indicati, il nome Virtù sem-

brerebbe peraltro anche essere collegato alla venerazione di

alcune antiche divinità e alle relative feste. Ci si riferisce in

particolare alle “Vertumnalia” o “Vertunnali”, celebrazioni in

onore di Vertunno, dio del cambiamento delle stagioni.

“Vertunno” (o Vertumno; in latino Vertumnus, Vortumnus o

Voltumna) era una divinità molto importante degli Etruschi,

venerata in particolare a Volsinii (città situata nell’area dell’at-

tuale Bolsena). Presso il suo santuario, Fanum Voltumnae

(sempre nel territorio di Volsinii), si adunava la confederazione

delle 12 città etrusche. Il suo culto era dunque centrale e

fondativo di tutto il popolo Etrusco, se proprio nel suo tempio

si riunivano le differenti entità territoriali che lo costituivano

e rappresentavano. Alla distruzione della città nel 264 a.C., il

suo culto fu trasferito a Roma, dove a Vertunno fu eretto un

tempio sull’Aventino.

Molto interessante è un’altra osservazione, relativa questa

volta al collegamento di questo dio con un’altra divinità,

“Pomona”, antica dea latina dei frutti, che secondo il poeta

Ovidio era proprio la moglie di Vertunno. La sua venerazione

aveva un proprio “flamen Pomonalis” e un luogo speciale, il

c.d. Pomonal sulla

via Ostiense.

Pomona era anche

individuata come

Bona Dea, venerata

nelle calende di

maggio - peraltro

giorno di fondazione

del suo tempio -,

sull’Aventino. Una

sua festa era anche

celebrata ai primi di

dicembre (sempre

un periodo solsti-

ziale) nella casa del

magistrato in carica,

“dove riceveva un

sacrificio e una liba-

gione dalla moglie

del magistrato, dalle

matrone e dalle Ve-

stali”. Si sacrificava

una scrofa (altra femmina, vittima sacrificale come simbolo di

prolificità!) ed era vietato alle partecipanti bere del vino puro.

Si fa rilevare a questo proposito come dalla cerimonia erano

banditi gli uomini!

Si tratta dunque di una “dea foeminarum”, una dea soltanto

al femminile, che celebrava e favoriva la fertilità, l’abbondan-

za, il soffio creativo e che, almeno in epoca arcaica, presie-

eramo e le Virtù: connubio inscindibile e sacro di ogni

Calendimaggio. Il mito legato alle virtù è noto e consa-

crato dalla tradizione ed ha fatto la fortuna di un piatto

che la leggenda vuole povero e rustico ed è ormai assur-

to a simbolo gastronomico identitario di un’intera comunità;

a onore di donne sagge e parsimoniose, che hanno saputo

risparmiare per un anno intero le scarse risorse alimentari,

serbandole per questa preparazione beneaugurale.

Il merito è delle donne dunque, le cui figure “virtuose” si ravvi-

sano centrali, anche se più che in termini di saggia economia

domestica, soprattutto in relazione alla loro funzione produt-

tiva e ri-produttiva. A loro è l’individuazione, l’innovazione e la

scelta delle erbe, dei

legumi, delle piante;

la cottura del cibo,

effettuata alimen-

to per alimento;

il mescolamento

degli ingredienti e la

simbolica del piatto,

fatta di significati ap-

parentemente chiari

ma anche di doppi

sensi palesi.

Appare infine una

preparazione quasi

sostanzialmente

femminile, che ri-

chiede diversi giorni

di impegno, costanza

e premura nell’evi-

tare che le verdure

siano inadeguate,

che non passino

di cottura, che nessun ingrediente sovrasti gli altri, ma si

ottenga, mescolando piano piano un amalgama dal sapore

omogeneo e unico.

Da quest’atto del mescolare deriva del resto probabilmente

anche il nome, che è ragionevole supporre scaturisca dalla

radice del verbo latino “vertere” che vuol dir mescolare, unire,

girare.

T

La simbologia di un piatto

diDocente di Sociologia Generale Università D’Annunzio di [email protected]

GabrieleDi Francesco

Appunti su un cibo rituale

Page 21: Teramani n. 109

rosamente le scadenze calendariali e

i ritmi stagionali, come scrive anche

Giuseppe Di Domenicantonio. La data

del primo maggio è rigorosa e si ritiene

anche istitutiva (solstiziale) del rito che

si sostanzia nella preparazione e quindi

nel consumo, possibilmente collettivo

e donativo, di questo miscuglio di cibi

che mostra di avere anche contenuti

magico-sacrali e con valenze benea-

guranti.

Se ne sottolinea, tra i tanti aspetti, la

collettività del consumo rituale. Era in

passato l’intera comunità che si riuniva

per una commensalità straordinaria

e iniziatica. Nelle famiglie più legate

alla tradizione sembra ancora oggi

rimasta l’abitudine a cucinare le Virtù

in abbondanza, per offrirle in dono ai

familiari, al vicinato e anche a persone

conosciute occasionalmente.

Questo aspetto donativo e della com-

mensalità non è a mio parere ancora

stato messo abbastanza in evidenza,

cosa che invece andrebbe fatta perché

il fatto di mangiare insieme rafforza il

valore del rito. È il sistema di creden-

ze che fa sì che il pasto possa essere

condiviso con alcune persone, secondo

certe regole di comportamento e

modalità di consumo o che non possa

essere condiviso con altri. La prassi,

diffusa quasi universalmente, del con-

sumo alimentare condiviso è da consi-

derarsi strettamente collegata a quelli

che possiamo definire come le funzioni

e i significati sottesi alla pratica in sé.

Arnold van Gennep sottolinea come

alla base dei riti sociali della maggior

parte delle civiltà da lui studiate ci sia-

no spesso delle pratiche che compor-

tano lo scambio o il consumo di cibi:

“La commensalità o rito del mangiare

e di bere insieme (...) è chiaramente un

rito di aggregazione, di unione propria-

mente materiale che si è denominato

come un sacramento di comunione.”

(van Gennep 1909, 25).

Il valore del dono e

la sua importanza

augurale sembrano

rintracciarsi implici-

tamente anche nel

nome che antica-

mente, secondo

Giuseppe Savini,

veniva dato alle

Virtù, indicate come

“li zocche”, cioè

chicchi, acini, semi.

Vengono in mente

molte preparazioni

gastronomiche

rituali. Tra le tante

si ricordano le fave

lessate e distribuite

di solito nei periodi

solstiziali (fave dei

morti, fave dell’av-

vento, ecc.) i cui

chicchi hanno pro-

prietà terapeutiche

e comunque vivifi-

canti e salvifiche.

Significati insiti nel

nostro piatto iniziatico, nella celebra-

zione augurale del mutamento, della

rinascita e della fecondità, che era ed

è considerata, almeno biologicamente,

la principale Virtù delle nostre donne.

Con tali intenti celebrativi, ogni anno,

nell’inconscio e ancestrale ricordo di

Vertunno e Pomona, nella sacralizza-

zione della fertilità e della fecondità si

torna a celebrarne il rito.

«Al primo di maggio», come scriveva G.

Savini «noi usiamo di cucinare insieme

ogni sorta di legumi, fave, fagiuoli, ceci,

lenti, ecc. con verdure ed ossa salate,

orecchi e piedi pure salati di maiali; e

questa minestra chiamiamo Virtù ... ».

deva all’ingresso delle ragazze nella

società degli adulti. Vi sono infatti degli

elementi nel suo culto che lasciano

scorgere un’antica istituzione iniziatica.

Come non pensare ad altre ritualità

presenti ancora oggi nel folklore abruz-

zese, celebrate da fanciulle non aduse

al vino?

L’iconografia la rappresenta con uno

scettro in mano (simile a Giunone), con

un tralcio di vite in testa e un serpen-

te su un lato. Pare qui significativo

ricordare come Pomona era anche

individuata con altri nomi e appellativi,

tra i quali Turan e Maja.

La dea sembra vicina ai nostri territori

e ai nostri riti anche

per un altro motivo

leggendario, che ne

giustificherebbe la

vicinanza o meglio

l’appartenenza al

mondo Pretuzia-

no-Piceno.

Secondo la leggen-

da, Pomona-Bona

Dea-Maja fu infatti

anche moglie del

re Pico, che per lei

respinse Circe e

perciò fu trasforma-

to in picchio. Altro

motivo fondativo

dunque, leggenda-

riamente costitu-

tivo di quell’ampia

regione adriatica

che va sotto il nome

di Piceno, cui anche

Interamnia, Hadria,

Asculum apparte-

nevano.

Sono leggende,

accostamenti e riferimenti che non

possono avere riscontri storici, se non

marginali e ipotetici, ma che vanno a

nostro avviso approfonditi anche in

termini socio-antropologici, oltre che

storici.

È un piatto dalla storia controversa, le

Virtù, di cui molti paesi rivendicano la

primogenitura, e le cui tracce percor-

rono spesso le usate vie della transu-

manza, ma le cui origini antichissime,

etrusche e poi romane sembrano

logiche e ineludibili alla luce di quanto

esposto.

Di fatto nessuno nega che siano un

cibo molto antico e che rispetta rigo-

21n.109

Pomona e Vertumno

Page 22: Teramani n. 109

In giro

In valle Porclaneta

di

http://paesaggioteramano.blogspot.itSergioScacchia

Le meraviglie di Rosciolo

farmi scoprire il gioiello della Valle Porclaneta per cui ho fatto

questi chilometri sull’autostrada Teramo Avezzano. Si, tutti

vengono fin qua alla scoperta di Santa Maria in Valle, antico

manufatto sacro dell’XI secolo.

“Anche la nostra Santa Maria delle Grazie merita i tuoi occhi”-

dice ridendo la vecchietta terribile.

Un sagrato rettangolare, sopraelevato di qualche gradino in

pietra precede la facciata squadrata, contornata a sinistra da

una tozza torre campanaria con, a destra, un bel rosone ro-

manico elegante, affiancato da uno più piccolo. Sull’architrave

dell’ingresso principale c’è una bella lunetta con affresco di

Madonna con Bimbo che regge il globo, affiancata da San

Giovanni Battista e San Pietro, accanto a tre angeli.

Entro e rimango basito.

Sulla bacheca della chiesa campeggia una foto gigante che

ritrae Costanza insieme al Papa emerito Benedetto XVI, col

parroco del paesino e il segretario particolare di Sua Santità.

Anche il pontefice è arrivato fin qua per scoprire la Maria di

Valle Porclaneta e anche lui ha dovuto visitare la chiesa del

centro storico. Scopro che Costanza è di casa in Rai; è ap-

parsa in video, ripresa dalle telecamere di Sveva a Geo e Geo

e dal Bevilacqua che

conosciamo in Sereno

Variabile.

Non ci resta che andare

in auto in mezzo alle

campagne, oggi solita-

rie, ma un tempo ricche

di case e proprietà della

Chiesa, che si estendo-

no sotto la montagna

madre. Andiamo alla

scoperta del secolare

tempio, patrimonio

dell’umanità e Monu-

mento Nazionale.

Nell’aria c’è una luce

vivida e il panorama

è sontuoso. La chiesa

di S. Maria in Valle

ostanza ha un’età. Si è curvata sotto il peso degli anni,

ma quando il vento scuote un albero vecchio, si dice

che cadono giù le foglie ma il tronco rimane fermo.

Le mani della dolce vecchina sono incallite, il cuore però

è grande.

Racconta storie da regina.

Da quella bocca antica escono benedizioni miste a ricordi ed

emozioni senza tempo. Narra di un paese, Rosciolo, dove un

tempo venivano chiuse le porte d’ingresso la sera per essere

riaperte al mattino successivo, incastellati per bene a difesa

di malintenzionati. Erano tempi duri e il borgo era circondato

da portici e mura.

Anche oggi è difficile vivere da queste parti.

È davvero ciarliera Costanza, ascoltarla è un piacere.

Siamo nell’antico abitato, pochi passi da Magliano dei Marsi,

cuore dell’aquilano, proprio dove la terra trema e si muove

anche a darmi il benvenuto in questa calda mattina di aprile.

La combattiva donna neanche le conta più le scosse, le

gambe degli abitanti di Rosciolo non tremano certo di paura,

sanno convivere con le bizze della terra.

Il posto è suggestivo, elevato com’è su di una collina calca-

rea, in ginocchio ai piedi del re, il monte Velino, a 900 metri di

altezza. Ne conta qual-

cuno in più la vetusta

parrocchiale dedicata

a Santa Maria delle

Grazie, che si stacca

imperiosa, dall’anonima

piazzetta, nella parte

più elevata del borgo

medievale. Strette vie si

dipartono dalla chiesa,

tra antichi resti e case

imbrunite dal tempo. È

come essere in viaggio

all’interno di una pro-

digiosa macchina del

tempo.

Ci teneva Costanza a

portarmi all’interno di

questo tempio prima di

C

22n.109

Page 23: Teramani n. 109

incredibili, simboli primordiali o tem-

plari, figure geometriche, fiori della

Vita ... fin quando, addossato a una

colonna di pietra, si offre alla mia vista

il magnifico ambone del 1150, opera di

Roberto e di Nicodemo che già aveva-

no creato altrettanti manufatti in altre

chiese abruzzesi, come Santa Maria

del Lago a Moscufo nel pescarese. Qui

però gli artisti erano in stato di grazia!

Le sculture sono incredibilmente belle

e originali: c’è Giona che viene espulso

dal ventre della balena, Salomè che

danza sinuosa, il mitico Sansone dai

capelli fluenti che ammazza un leone

con un bastone, il tutto in un susse-

guirsi di angeli e figure sante. Non fini-

sci di essere rapito da cotanta bellezza

che la mia cicerone quasi mi urla di

guardare con attenzione all’”Iconosta-

si”, struttura ricca di icone e posta in

alto a separazione tra la parte dedicata

ai catecumeni battezzati e religiosi dal

resto dei fedeli. Ora gli occhi si sgrana-

no verso un trionfo di draghi, grifoni,

tra colonnine eleganti, fregiate da giri

di foglie e fiori e parte lignea in quercia

del 1240, che soffre l’usura del

tempo.

La gioia di essere dentro

questo tesoro è grande. Non

avevo mai visto tanta arte

tutta insieme. Tra affreschi del

trecento, in fondo troneggia il

“Ciborio” quasi ricamato nelle

sue sculture, ricco di figure ara-

beggianti che gli stessi autori

dell’ambone hanno regalato

all’eternità.

Rivolgetevi per la visita a

Costanza prenotandovi al

348.2768926 o 340.7947704

o fisso al 0863.517691.

Attenzione, c’è la possibilità di dor-

mire nel piccolo ostello con cucina

e bagno a lato della chiesa donando

un’offerta libera, (sei-otto posti

letto!).

Per raggiungere Magliano

dei Marsi e Rosciolo nel

parco Regionale del Velino

Sirente, percorrere l’auto-

strada A25 direzione L’Aquila

Avezzano, uscita Magliano.

Si mangia bene ovunque.

Io ho mangiato ottima carne

locale alla brace al Ristoran-

te “Anfiteatro” di fronte ai

resti dell’antica città romana

di Alba Fucens assolutamen-

te da visitare a circa 18 chi-

lometri, direzione Ovindoli.

Porclaneta è poco distante dal

sentiero impervio che sale sul

Velino, a quota 1006 metri.

Costanza è prodiga di notizie!

Mi invita a guardare attenta-

mente la facciata del manu-

fatto dove le falde del tetto

ripeterebbero alla perfezione la

sagoma del monte sopra. Sarà

ma io non scorgo questa somi-

glianza. L’esterno è anonimo.

Piuttosto la mia attenzione è

dedicata al tipo di scrittura che

si trova sui capitelli e il portale

con lunetta, sormontata da un

delizioso affresco di Nostra

Signora con due angeli ai lati

dei primo del secolo XIV.

L’anziana fa fede al suo nome, con

“costanza” e dedizione continua a

informarmi. La chiesa sarebbe risalente

al VII secolo anche se il primo

documento certo è del 1048

dove si legge della donazione

del castello di Rosciolo al mo-

nastero di Valle Porclaneta.

Poi gira la chiave nella toppa,

l’antico portale, pesante, cigola

sinistramente fin quando,

aprendosi, schiude le sue

meraviglie!

Nelle tre navate con abside

centrale semicircolare c’è tutta

la sapienza creativa dell’arte

nel mondo: stili diversi da

preromanico a romanico e

bizantino; capitelli con animali

23n.109

Page 24: Teramani n. 109

24 La Mostra

Nicola Spinosa al Museo d’Arte dello Splendore di Giulianova

n.109

di

[email protected] MariaPomante

La Scuola di Posillipotra vedute ed emozioni

dalla luce del sole partenopeo. Il lavoro

del genio viene sostituito dalla perizia

tecnica della riproduzione della natura

e dei suoi elementi che prendono forma

attraverso la luce, in un percorso di

esperienze che condurrà a soluzioni per

così dire “impressionistiche”.

Quest’anno l’intento del Museo d’Arte

dello Splendore è quello di rendere

omaggio alla collezione donata da

Vincenzo Bindi alla sua “direttissima

Giulianova”, assieme alla sua biblioteca

e al palazzo di corso Garibaldi, attraverso

l’incontro con un ospite d’eccezione: Ni-

cola Spinosa, già soprintendente del Polo

Museale napoletano e studioso di fama

internazionale, per gli alti meriti culturali

insignito dei titoli di Commendatore della

Repubblica Italiana e Cavaliere della Le-

gion d’Honeur della Repubblica francese.

Tale iniziativa costituirà un’occasione

unica per approfon-

dire la conoscenza

di alcuni aspetti

della collezione,

attraverso una

prolusione dall’alto

valore scientifico

e culturale. Negli

ultimi mesi, dopo

le critiche che si

sono sollevate

alla riapertura di

Palazzo Bindi, la

direzione del Polo Museale, non senza

difficoltà, sta lavorando per far rientrare

la raccolta nella sua sede originaria e sta

approntando un progetto complessivo

di restauro e manutenzione che tenga

conto della straordinarietà tecnica del

nucleo della Scuola di Posillipo.

Per informazioni:

E -mail: [email protected]

tel.: +39 085 8007157

fax: +39 085 8007157

omenica 10 maggio alle ore

18.00, il Museo d’Arte dello

Splendore a Giulianova, ospiterà

l’incontro

con il prof. Nicola

Spinosa dal titolo

La Scuola di Po-

sillipo tra vedute

ed emozioni.

L’iniziativa rientra

nelle attività

che il museo

fondato da Padre

Serafino Colangeli mette in campo da

circa un decennio con mostre, confe-

renze e progetti didattici, da quando

cioè l’ampia collezione della Pinacoteca

Comunale, parte del Polo Museale Civico

cittadino, venne trasferita nelle sale dello

Splendore a causa dei lavori nella sede di

Palazzo Bindi.

La raccolta donata dallo storico e giurista

Vincenzo Bindi alla sua morte nel 1928

consta di oltre 400 opere d’arte, dipinti

e grafiche, frutto del gusto, dei legami

e del pensiero del collezionista, della

sua volontà di testimoniare un percorso

dell’arte meridionale e dei suoi caratteri

autonomi e autore-

voli nel panorama

del nuovo Stato

nascente. La Pina-

coteca di Giulia-

nova conduce in

un viaggio che dal

Seicento napoleta-

no con Francesco

Solimena, Luca

Giordano e De

Ribera, passando

per il Settecento di Sebastiano Conca,

Pompeo Batoni e di Jakob Hackert,

attraversa l’Ottocento con il folto nucleo

della raccolta della Scuola di Posillipo

e con i grandi maestri abruzzesi come

Francesco Paolo Michetti, i Palizzi, Pa-

squale Celommi, Gennaro Della Monica

e Raffaello Pagliaccetti. Il legame di Bindi

con la Scuola

di Posillipo,

spesso ridotta a

semplice pittura

paesaggistica da

souvenir, si deve

non solo alle sue

scelte critiche

ma anche al

legame con

Gonsalvo Carelli, membro della famiglia

di pittori posillipisti per eccellenza, del

quale sposò la

figlia Rosina. A

partire dagli anni

Venti dell’Otto-

cento e dall’opera

dell’olandese

Pitloo, folgorato

dalle atmosfere

campane, la Scuo-

la di Posillipo con

Giacinto Gigante,

Filippo Palizzi e gli

altri, in continuità

con un atteggia-

mento romantico

di certa pittura del

secolo precedente

che nel classici-

smo di Poussin

si opponeva alle

volute del Rococò,

si rivolge nuova-

mente alla natura,

la osserva all’aria

aperta, baciata

D

Page 25: Teramani n. 109
Page 26: Teramani n. 109

26n.109

Cinema

Lo stupro riparatore: undicesima regiadi Michele Placido

di

[email protected]

La sceltaBova) e familiari, bigotti sbigottiti. Non sentono più Laura e lei

non sente più loro. La donna vaga e deambula come fosse in

un’altra realtà, oltre i dati di superficie che il film aveva mostra-

to e continuerà a mostrare lisci e levigati, eppur disseminati di

porte chiuse (e improvvisamente spalancate), vetrate, sbarre,

reticolati umani, isolamenti, spigoli, pur in un’apparente condi-

visione.

Ecco franare i falsi entusiasmi raccontati a inizio film, quasi da

spot. Canti, riti alimentari, urli di gioia, party, foia incontinente. E

false tolleranze, come quando si vede la sorella della protagoni-

sta (Valeria Solarino) convivere tranquillamente con due uomini

(e due figli), altro presagio di corpo molteplice. Qualcuno chiac-

chiera, ma è poca roba: nessuno più si scandalizza. Le false

solidarietà, invece, saranno espresse da quella coppia in strada

che mette il dito – nel cellulare – tra moglie e marito briganti,

minacciando di chiamare la polizia. Sono già una prefigurazione

dello spettatore e del critico politically correct pronti a sghi-

gnazzare sul film, poi a puntare il dito ideologico accusatore.

Michele Placido è un autore

capace di alternare rotondità

narrative (Del perduto amore,

1998), coolness di scrittura (Un

eroe borghese, 1995), toni so-

ciali (Le amiche del cuore, 1992)

e asociali (Un viaggio chiamato

amore, 2002), cinema di genere

(Romanzo criminale, 2005) o de-

genere (Ovunque tu sei, 2004),

nel segno di un eclettismo ambi-

zioso e coraggioso. Qui ritrova il

touch astratto e contemporane-

amente corporeo delle sue cose

più bizzare e sperimentali, met-

tendo costantemente in forse

la sua propria messa in scena.

Anche Catherine Breillat faceva

dubitare del Parfait amour!

(1996) del suo omonimo titolo,

nonostante la coppia del film

scopasse alla grande. Salvo poi

far rinfacciare da lei a lui scarse

capacità amatorie. Stuprando,

stupendo gli spettatori.

Oltre che inganno e finzione, il

cinema è sempre trans, motion

in moto, intensivo ed estensi-

vo. Non bisogna mai prenderlo

alla lettera. Le storie sono un

elemento al pari di fotografia,

inquadratura e cast. Servono

a veicolare e violare concetti,

concepiti inconcepibili. Un bambino può anche non essere un

bambino, una donna non necessariamente tale e figuriamoci

quindi un nascituro. Il figlio in arrivo, che il film anticipa da subi-

to con tutta una serie di bimbi alchemici (ai quali Laura insegna

n sole non ingannatore nel cinema italiano. Mortifica, poi

vivifica. Abbaglia protagonista e spettatore, penetrando

tra le impalcature di una strada stretta che potrebbe

fungere da selva oscura, preludio al cambiamento. Raggi

luciferi accompagnati a una conversazione telefonica abortita

tra una coppia senza figli che

fino a quel momento sembrava

essere fin troppo in armonia.

Rispondere senza parlare, riat-

taccare prima di insistere. Uno

strano presagio, illuminato dal

sole attraverso il buio. Annuncia-

zione dark che precipita il film in

un budello incognito, inespresso,

con schegge di trauma/traum,

sogno e perturbante. Da un

vicolo infatti spunta una mano

e trascina Laura (Ambra/Ombra

Angiolini) in una melma d’orrore

fuoricampo, appena dopo le

riprese che Pasolini avrebbe

definito contronatura, infuocate

da quel Sole epifanico, una sorta

d’occhio di Varuna che copre e

scopre.

La mano ama l’anima, con

quell’impulso dal basso verso

l’alto. Sostituisce un fallo

proditorio, il Logos fondatore

fecondatore. Appartiene difatti

a uno stupratore, la cui radice

stup è la stessa di stupore, stu-

pefacere. Siamo di fronte a una

violenza stupefacente. Simbolica

più che reale. Onda d’urto scate-

nante l’altrui censura censurata.

Da quel momento, quindi, la

donna sarà trattata come una

creatura cronenberghiana, un purulento work in progress di

corpo raddoppiato, portatrice di una maternità ributtante. Il

cammino insopportabile della complessità dell’esistenza e della

natura. A cui, strenua, si oppone la cultura di consorte (Raoul

U

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27n.109

spaesamento e subbuglio. Aderiscono

in pieno a quel womb-tomb, al cancel-

lo femminile che conduce al-di-là, un

grembo/porta dentro cui è facile smar-

rirsi. Ci sono pure le campane, dal suono

sempre atto a condividere il simbolismo

della soglia femminile. Consolano, turba-

no. Gerard Damiano le faceva suonare

mentre Linda Lovelace raggiungeva

finalmente l’orgasmo, Lars von Trier,

misogino cronico, quando Emily Watson

crepava, stuprata a morte per volontà

del marito impotente (poi potente).

Placido se ne serve per imbastire uno

stupro riparatore, lo stupro/paradosso

che rifonda la verginità. Ne verrà fuori, in

tutti i sensi, un’altra vita.

Il che sconcerta e scontenta, si offre

provocatoriamente come bersaglio

dei savi e dei progressisti, abortisti e

anti-antiabortisti, anche nella scelta di

due attori ovviamente ed evidentemente

non strepitosi, le cui facce da fiction tv

si sanno già non all’altezza di quel che

dovrebbero esprimere. Ma cosa devono

esprimere? Un testo pirandelliano di

cento anni fa, disossato? O piuttosto

un ineffabile psichico della cui natura

il film si rende radicalmente partecipe,

attraverso simboli e metafore, volti a tra-

scendere l’involucro rassicurante, senza

neppure darsi come tali?

La scelta (anche registica) è indetermi-

nata, sfuggente, imprecisabile, indefi-

nibile. Più di tutto perché concentrata

su quel corpo di donna posseduto da

un nascituro, così vicino così lontano a

tutto quanto si possa percepire rispetto

alla nuova carne delle neo-famiglie,

ai traumi pre e post partum, al corpo

trasformato e violato, alla fecondazione

eterologa. Persino alla consuetudine

abbattuta, in questi tempi così innatural-

mente immobili. Temi proposti mediante

un ordine simbolico mitologico di stre-

ghe e puttane. Qualcosa che al più viene

tollerato solo se declinato al passato.

O sotto forma di horror. Dario Argento,

per esempio, è stato e resta un esperto

di mamme scioccanti. Tuttavia anche

La terza madre (2007), film di analoghi

turbamenti e rinascenze, ha avuto un

ingiusto pessimo trattamento. Allo stes-

so modo delle mamme

perturbate dell’Alina

Marazzi di Tutto parla di

te (2012), horror tenero

come un bambolotto.

A proposito di

bambolotti. Il film ha

un ulteriore scatto

nell’alludere che

un’altra vita arriva ma

non è detto che sia per

forza altra. Tra moglie e

marito riconciliati, per

interposto flashback,

si frappone un forcipe.

I bambini numerosi

che contornano il film

esprimono sì un sim-

bolo di individualità rin-

novata (o sul punto di

esserlo), restano però,

su un piano fotografico

oggettivo, bimbi veri.

Che vediamo educati,

ammaestrati, plasmati, esibiti. Pre-testi.

A un certo punto, complice Gioacchino

Rossini, su uno sfondo di frustrazioni

gentili, si trasformano in micini (come al

contrario, oggi più che mai, micini e altri

animali vengono trattati da bambini).

Maternità e paternità a ogni costo, per

non guastarsi, sanno quindi di nevrosi,

ulteriore product che asseconda non

ostacola l’ordine razionale dominante.

Al contrario dei bambini-bambini. Uno(a)

di essi chiede perché tutti i grandi com-

positori classici sono uomini. E un figlio

con le cuffie propone al padre (lo stesso

Placido) l’ascolto, negato alle orecchie

dello spettatore, di Somebody To Love.

Appunto.

canto), rappresenta la materia prima e

contemporaneamente il prodotto finale

di un processo interiore che il film si

sforza di tradurre in stup(o)ri concet-

tuali, abbattendo i confini tra detto, non

detto, campo e fuoricampo, linguaggio e

metalinguaggio.

Spezzata, convulsa, confusa la forma

del film, proprio come un feto (del Sé).

Accennata ma non sviluppata, aperta

e tuttavia chiusa dentro una (appa-

rente) confezione ortodossa di musica

sottolineatrice e scorci di Bisceglie

come dovrebbe piacere all’Apulia Film

Commission. I dialoghi sono da Harmony

collezione, e per questo li si potrebbe

considerare all’altezza di quelli dell’ulti-

mo Michael Mann. Dei tanti personaggi

che fanno da contorno

non se ne capisce la

necessità: forse in

quanto non l’hanno

neanche nella vita inte-

riore dei due protago-

nisti? O proprio perché,

in un tale processo,

nulla è superfluo e da

scartare?

Il film osa accumulare

senza spiegare, far

vedere senza dimostra-

re. Privo delle consuete

scorciatoie narrative,

dialogiche, psicologi-

che e patologiche del

cinema per tutti che ci

si aspetta. Si confida

molto nel visivo, nella

diegesi dei segni. Si

pensi al pan-focus al

contrario, che sfoca

un’immagine umana,

un dialogo tra sorelle, lasciando ben

in evidenza il marchio di un prodotto.

Pubblicità occulta svelata. Un clamoroso

esempio di meta-product placement,

onirico e ironico: il colpo di genio che

fa di necessità virtù autoriflessiva,

suggerendo l’idea di esistenze a una

sola dimensione mercantilizzata. Cinema

compreso.

Le immagini stesse e la sceneggiatura

che le anima sembrano vagare cata-

tonici in cerca di un non so che, quasi

forzate in una libertà di movimento e

di montaggio, che alterna con sgraziata

grazia primissimi piani e inquadrature

vuote, dettagli dettagliatissimi ed ellissi

che danno un effetto quasi di cecità,

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Non solo Xylellaanche facendo la Drosophila Suzukii il moscerino killer molto

difficile da sconfiggere che ha attaccato ciliegie, mirtilli e uva

soprattutto in Veneto.

La produzione Made in Italy di miele di acacia, castagno, di

agrumi e mille fiori è quasi dimezzata nel 2014 anche per

l’arrivo in Italia dell’insetto killer delle api che mangia il miele,

il polline e soprattutto la covata annientando la popolazione di

api o costringendola ad abbandonare l’alveare. Si tratta del co-

leottero Aethina Tumida della famiglia dei Nititulidi che aveva

già invaso il Nord America alla fine degli anni ‘90 provocando

ingenti danni, diretti ed indiretti, poiché a seguito del venir

meno delle api sul territorio, si prevedono conseguenze anche

per gli agricoltori per la carenza d’impollinazione delle colture

agrarie. E se gli agrumi della Sicilia sono stati gravemente

attaccati dalla Tristeza (Citrus Tristeza Virus) che ha indebolito

oltre il 30 per cento delle coltivazioni, centinaia di migliaia di

piante di kiwi del Lazio e Piemonte sono state letteralmente

sterminate dalla batteriosi del kiwi (Pseudomonas syringae pv.

Actinidiae), mentre melo e pero in Emilia sono stati colpiti dal

colpo di fuoco batterico (Erwinia amylovora).

Ma c’è anche il punteruolo rosso Rhynchophorus ferrugineus

originario dell’Asia che ha fatto strage di decine di migliaia

di palme dopo essere comparso in Italia per la prima volta

nel 2004 e da allora si è dimostrato un vero flagello che ha

interessato il verde pubblico e privato in Sicilia, Campania,

Calabria, Lazio, Liguria, Abruzzo e Molise.

Per difendere il patrimonio del Made in Italy agroalimentare è

necessario rafforzare gli strumenti di intervento per sostenere

i produttori

fortemente

danneggiati

ma è anche

necessario

potenziare la

ricerca per la

prevenzione.

Fondamen-

tali sono

certamente i

controlli sulle

importazioni

e la lotta al commercio irresponsabile come conferma la Re-

lazione annuale di Europhyt, il sistema comunitario di notifica

fitosanitaria che opera nei 28 stati membri UE più la Svizzera.

Nell’ultimo anno sono state intercettate ben 6957 partite di

piante, parti di piante, prodotti ortofrutticoli e materiali di

imballaggio in legno, delle quali il 95 per cento provenienti

da Paesi extracomunitari, che non rispettavano le normative

fitosanitarie comunitarie, secondo una analisi della Coldiretti.

In 2483 partite, circa un terzo dei casi, sono stati trovati inset-

ti, funghi, batteri o virus. I prodotti ortofrutticoli rientrano tra

le categorie più a rischio con prodotti come i mango, zucca,

basilico, melanzana, guava e peperone, provenienti da India,

Pakistan, Ghana, Repubblica Dominicana, Cambogia, Sri Lanka,

Kenya e Bangladesh.

on solo la Xylella fastidiosa proveniente dal Costa Rica

che sta facendo strage di ulivi nel Salento, ma ammon-

tano a circa un miliardo di euro i danni alle coltivazioni

Made in Italy provocati dall’invasioni di parassiti “alieni”

provenienti da altri continenti che a causa dell’intensificarsi

degli scambi commerciali sono arrivati in Italia dove han-

no trovato un habitat favorevole a causa dei cambiamenti

climatici, dalla Popillia Japonica alla Drosophila suzukii fino alla

Aetina Tumida. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti

in vista dell’Expo dalla quale si evidenzia che a rischio ci sono

i simboli dell’agricoltura italiana, dall’ulivo al pomodoro, dagli

agrumi al castagno, dalle ciliegie ai mirtilli, ma anche le piante

ornamentali come le palme e perfino le api.

Se sono iniziati gli

abbattimenti degli

ulivi colpiti dalla

Xyella e sono in

atto le attività di

potatura, trincia-

tura, sarchiatura

e aratura dei

terreni, necessa-

rie per creare un

ambiente sfavore-

vole alla sputac-

china, l’insetto

vettore del batterio, l’ultimo arrivata è la Popillia japonica che

originaria dal Giappone ed è stata trovata in Italia per la prima

volta in Lombardia dove si teme per l’attacco ai pomodori di

cui ha già fatto strage negli Usa, dove secondo il dipartimento

di Agricoltura per gli interventi di controllo si spende più di

460 milioni di dollari all`anno.

Se si teme per il futuro del pomodoro italiano le castagne

hanno invece già pagato un conto salatissimo con la produzio-

ne che è scesa al minimo storico ben al di sotto dei 18 milioni

di chili registrati lo scorso anno e pari ad appena 1/3 di quella

di 10 anni fa. La colpa è del cinipide galligeno del castagno, il

Dryocosmus kuriphilus, proveniente dalla Cina che provoca

nella pianta la formazione di galle, cioè ingrossamenti delle

gemme di varie forme e dimensioni contro il quale è stata

avviata una capillare guerra biologica attraverso lo sviluppo

e accurata diffusione dell’insetto Torymus sinensis, che è

un antagonista naturale, anche se ci vorrà molto tempo per

ottenere un adeguato contenimento. E danni incalcolabili sta

N

Coldiretti Informa

di

Direttore Coldiretti TeramoMassimilianoVolpone

Un miliardo di danni dalle malattieprovenienti dall’estero

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29n.109

zione con la quale la faccio che mi permette

di riuscire nell’intento”

Donnarumma “Riesco ad essere concreto

sotto porta e soprattutto mi considero bravo

tatticamente, qualità che molti allenatori del-

le squadre giovanili che ho avuto in passato

mi hanno esternato apertamente”

Momento magico e giuste ambizioni, lo

sguardo rivolto dove?

Lapadula “A vincere la B con il Teramo. Per

il momento non voglio guardare oltre. Se ne

parlerà dopo”

Donnarumma “Sono molto concreto e

pragmatico per cui guardo essenzialmente

al presente per raggiungere un obiettivo

importante. Poi penserò al futuro“

Quanto devi al Teramo ?

Lapadula “Al Teramo devo tanto per il fatto

di aver puntato su di me e per la grande

fiducia che ha riposto sulle mie qualità come

giocatore. Spero di averlo ripagato adeguata-

mente con le prestazioni e i miei goal”

Donnarumma “Sicuramente tanto in quanto

prima ancora che ricominciasse l’annata Di

Giuseppe mi aveva cercato con insistenza.

Hanno avuto tanta fiducia in me per cui

ringrazio il Direttore Sportivo, la Società e la

città di Teramo”

Domanda ovvia: ti piacerebbe restare a

Teramo?

Lapadula “A Teramo sto bene. Con il mister,

il direttore, i teramani e il gruppo. Direi

proprio di si”

Donnarumma “A Teramo mi trovo molto

bene. In futuro se c’è la disponibilità del Pe-

scara sicuramente mi piacerebbe restare”.

l caso li ha fatti incontrare e insieme

sono entrati nelle cronache naziona-

li, accostati persino alle coppie più

famose d’Italia della Juventus e di altre

blasonate squadre italiane. Il tandem delle

meraviglie, Donnarumma – Lapadula, ha

detronizzato e superato di gran lunga l’altra

celebre coppia biancorossa Motta – Pepe

che nel campionato 2002/2003 aveva

messo a segno trentaquattro reti. “I gemelli

del goal” hanno letteralmente trascinato il

Teramo nella elite della terza serie nazionale,

sovvertendo ogni pronostico iniziale, anche

di quelli più pessimisti. Affiatati in campo,

proviamo a vedere come sono fuori dal

rettangolo di gioco.

Vi conoscevate?

Lapadula “No! Non ricordo bene, forse solo

occasionalmente avevo sentire parlare di lui”

Donnarumma “Assolutamente no! Neanche

mai giocato contro”

In tandem vi integrate perfettamente,

come solista?

Lapadula “Con Alfredo mi completo al

meglio, ma non è la prima volta nella

mia carriera. A San Marino in coppia con

D’Antonio ho realizzato ventidue reti. L’anno

scorso ho messo a segno 18 reti in coppia

con Coda. Mi sono sempre trovato bene con

i compagni di reparto. Quest’anno va ancora

meglio ed è straordinario quello che stiamo

facendo in campionato”

Donnarumma “Insieme ci troviamo bene

e si vede anche molto bene in campo. Le

nostre caratteristiche si sposano benissimo

ed entrambi ne guadagniamo in rendimento.

Da solo forse sono meno incisivo”

Ti aspettavi un rendimento così alto?

Lapadula “Sapevo che sarebbe stata

un’annata importante scegliendo Teramo.

Sono venuto non per accontentarmi di una

stagione anonima, ma neanche pensavo che

sarebbe stata così travolgente sia dal punto

di vista personale che come squadra”

Donnarumma “Volevo fare un anno impor-

tante in quanto venivo da un infortunio e non

ero riuscito ad esprimermi al meglio nel Cit-

tadella. Sono venuto a Teramo per rilanciar-

mi. Devo dire di aver fatto una ottima scelta

sia per me che per la mia squadra”

Una tua qualità?

Lapadula “Il non mollare mai e la cattiveria

agonistica penso siano le mie qualità. La mia

vera forza è questa. Anche quando mi riesce

la giocata di qualità è sempre la determina-

Sport

di

[email protected]

Donnarumma e Lapadula

I

Foto Vincenzo Ranalli

I gemelli del goal

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30n.109

la qualificazione per la finale che si svolgerebbe a Teramo.

Comunque ciò si presenta di difficile realizzazione in quanto

la rosa si è alquanto indebolita con il ritorno in patria della

italo argentina De Uriarte, ritorno in patria di cui non siamo

riusciti a comprendere il motivo, proprio alla vigilia della fase

finale. Scelta societaria o della giocatrice? Chi vivrà, vedrà!

Nel campionato di A2 femminile, la Team Teramo

aggiudicandosi il concentramento di Grosseto dove ha

battuto prima il Sassari e poi il Mugello ha acquisito il diritto

a disputare i play off per l’eventuale salto in A1. Detti play

off si disputeranno nei primi tre giorni di maggio a Città S.

Angelo e a Chieti. La squadra teramana avrà come avversari

lo Scinà Palermo, Brunico, Carnago, Schenna e il Mestrino

che sono le squadre vincitrici degli altri raggruppamenti.

Nel campionato di serie B maschile, le squadre teramane

Lions e Team Teramo nel campionato che sta per

concludersi, si affronteranno tra di loro nel derby cittadino

per aggiudicarsi la piazza d’onore dietro al Chieti che

matematicamente è promosso in A2. Il bilancio della stagione

è sicuramente positivo per entrambe essendo sempre state

protagoniste ai vertici della classifica.

l mese di maggio, mese delle rose, ci dirà se per la

pallamano teramana saranno rose o spine. Nella A1

femminile sono iniziati i play off scudetto che hanno visto

in gara 1 di semifinale affrontarsi, in base alla classifica

ottenuta nella regular season, il Conversano contro il Salerno

e il Cassano contro il Teramo. Il Conversano ha prevalso

contro Salerno con lo scarto di quattro reti mentre il Teramo

è stato sconfitto in casa dal Cassano con due reti di scarto.

Mentre tra Conversano e Salerno possiamo dire che il

pronostico della vigilia è stato rispettato, anche se la squadra

pugliese ha dovuto faticare più del previsto per avere ragione

dell’avversario, il Teramo inaspettatamente è stato battuto

nella gara casalinga mentre la tifoseria si aspettava un

risultato positivo. Nella gara di ritorno, comunque, il Teramo

avrà la possibilità di ribaltare il risultato portando a gara tre

Sport [email protected]

PallamanoI

dalla

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